Vaticano. Presentato Convegno su Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e l'Africa
“La Chiesa in Africa dal Concilio Vaticano II al Terzo Millennio. Omaggio dell’Africa
ai Papi Giovanni XXIII Giovanni Paolo II”: è il titolo del Convegno presentato ieri
in Sala Stampa Vaticana, che si terrà a Roma presso l’università Urbaniana dal 24
al 25 aprile prossimi. A organizzarlo il Secam, Simposio delle Conferenze episcopali
dell’Africa e Madagascar, con il contributo del Pontificio Consiglio della Cultura.
Il servizio di Benedetta Capelli:
In vista della
Canonizzazione di Giovanni XXII e di Giovanni Paolo II, il prossimo 27 aprile, ci
si interroga anche sul loro contributo alla cultura africana. Vescovi, teologi, studiosi
e personalità varie faranno il punto sul Continente a 50 anni dal Concilio Vaticano
II, cercando di leggere i segni dei tempi alla luce dei contribuiti dati dai due Papi,
prossimi Santi. Nel Concilio, convocato da Giovanni XXIII, la Chiesa ha mostrato anche
fisicamente la sua universalità – ha detto mons. Melchor Sánchez de Toca y Alameda,
sottosegretario del Pontificio Consiglio della Cultura – e ha anche mostrato la sua
apertura alla cultura moderna. Due elementi che si sono fusi nell’Enciclica Gaudium
et spes:
“Ai lavori di redazione di questa Costituzione, nella fase
finale, assieme a padre Tucci, che è stato l‘anima della Gaudium et spes,
c’era il giovane arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla, il quale ha apportato un
contributo decisivo nell’ultima fase del documento soprattutto per la parte che riguarda
i rapporti con l’ateismo, il marxismo… Qui abbiamo il collegamento - molto evidente
- tra Giovanni XXII, Giovanni Paolo II e il Consiglio della cultura perché, appena
eletto al Soglio pontificio, arrivato a Roma, Giovanni Paolo II ha voluto creare il
Pontificio Consiglio della Cultura per portare avanti un dialogo con la cultura contemporanea
nel senso e nello spirito della Gaudium et spes, il documento
ispiratore del Pontificio Consiglio della Cultura”.
Il Convegno sarà articolato
in quattro sessioni: uno sguardo storico all’Africa e al Concilio Vaticano II, si
analizzerà l’eredità lasciata da Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e Paolo VI, il
primo Pontefice a toccare la terra africana, ma poi si guarderà oltre con le sfide
della Chiesa oggi e con l’attenzione verso la costruzione della cultura africana che
sarà al centro del forum del Secam: “Fede, Cultura e Sviluppo”. Nel corso della conferenza
stampa, mons. Barthélemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della
Cultura, si è soffermato in particolare sulla figura di Giovanni XXIII, il pontefice
che creò il primo cardinale nero, il primo a ricevere a Roma intellettuali e artisti
africani:
“Il Papa ha voluto ricevere questi pittori, artisti. Per noi
è una figura di sostegno. Da questo punto di vista riconosce la cultura africana,
perciò Papa Giovanni XXIII, 'il Papa Buono', il Papa della pace, il Papa del riconoscimento
della cultura nera”.
Giovanni Paolo II ha amato molto l’Africa. Più volte
è stato evocato il suo intervento forte a Goree, l’isola del Senegal dalla quale partivano
gli schiavi, ma non solo. Il professor Martin Nkafu Nkemnkia, docente di Filosofia
e Cultura del pensiero africano alla Pontificia Università Lateranense, si sofferma
sull’invito rivolto da Papa Wojtyla agli africani:
“Giovanni Paolo II a
Nairobi disse che la Chiesa in Africa doveva avere il volto africano. Come fa ad avere
il volto africano? Vuol dire che non dobbiamo più tendere la mano agli altri, se non
per dare. Cristo deve essere in Africa – ed è – africano. Questo è ciò che vuol dire.
La Chiesa ha fatto tanto in Africa: quante scuole, quanti centri sanitari, quante
università, gente in politica... Quanti di questi hanno trasformato l’Africa grazie
all’incontro con il cristianesimo. Grazie alla testimonianza che hanno avuto loro
stessi, hanno dato luogo a quella che abbiamo oggi. Penso non ci sia un continente
con tante presenze della Chiesa nel sociale come l’Africa”.
Il Convegno
sarà dunque un momento per guardare alla più stretta attualità della Chiesa in Africa,
riconoscendo le proprie radici, capendo il contributo del Vaticano II e indicando
le prospettive nuove sempre in comunione con la Chiesa universale.