Siria, ucciso padre gesuita a Homs. P.Lombardi: " dove il popolo muore, muoiono anche
i pastori"
“Un altro figlio e ministro della Chiesa colpito dalla barbara violenza di cui è vittima
la popolazione siriana”. Così la Congregazione per le Chiese orientali esprime il
suo cordoglio per l’uccisione, avvenuta ieri mattina a Homs, del gesuita olandese
padre Frans van der Lugt. Aveva 75 anni e, come sottolinea anche il governo olandese,
era diventato un siriano tra i siriani. “Muore così un uomo di pace”, fa sapere il
direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, “testimone dell'amore
di Gesù fino alla fine in una situazione estremamente rischiosa”. Anche ieri infatti
si sono contate vittime in diverse parti del Paese. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Ucciso in
mattinata con un colpo d’arma da fuoco, per mano di uno sconosciuto nella comunità
che aveva deciso di non abbandonare, nel quartiere più a rischio di Homs. Così è morto,
secondo la testimonianza dei suoi confratelli, padre Frans, giunto in Siria nel 1966.”Un
uomo di pace”, come ha detto il portavoce della Sala stampa vaticana Padre Lombardi,
“che con grande coraggio ha voluto rimanere fedele, in una situazione estremamente
rischiosa e difficile, a quel popolo siriano a cui aveva dedicato da lungo tempo la
sua vita e il suo servizio”. E anche oggi tante le vittime nel Paese, nonostante il
presidente Assad continui a parlare di riconciliazione : la nostra preoccupazione,
ha detto, e' fermare il massacro. Ma per ora nulla di fatto: raid aerei e scontri
si sono registrati oggi a Damasco e colpi di mortaio sono piovuti su Aleppo con oltre
30 vittime. E “dove il popolo muore muoiono con lui anche i suoi fedeli pastori” ha
detto padre Federico Lombardi, esprimendo per padre Frans anche “gratitudine e fierezza”
in quanto testimone “dell'amore di Gesù fino alla fine”.
Un “ testimone del
Vangelo e della vita cristiana“, questo era padre Frans van der Lugt anche nella
testimonianza di un suo confratello, padre Ghassan Sahoui, raggiunto telefonicamente
a Homs da Gabriella Ceraso:
R. – E’ vero
che c’è tristezza, ma nello stesso momento, quando guardiamo alla sua vita nell’antica
città di Homs, vediamo una missione e la chiamata a tutti i cristiani di non lasciare
il loro territorio e di rimanere. La sorte di noi cristiani è quella di testimoniare
la pace, la riconciliazione e l’amore. E lui era un uomo di pace, era un uomo di dialogo,
amato da tutti.
D. – Quindi rimane inspiegabile questo atto: un atto di un
singolo, una vendetta, una ritorsione?
R. – Non saprei dire niente ora. Non
sappiamo nulla, perché quest’uomo è fuggito subito. Certamente irragionevole, però.
D.
– Padre Frans aveva fatto anche, nei mesi scorsi, un appello perché la comunità internazionale
non dimenticasse Homs e la gente che lì soffre...
R. – Lui ha parlato della
situazione difficile, che rimane difficile; riescono, infatti, a malapena a mangiare.
D.
– Voi non siete impauriti da questi episodi? Ricordiamo che c’è anche un altro padre
gesuita, padre Paolo Dall’Oglio, che è scomparso. Dopo il sequestro, infatti, non
se ne hanno più notizie...
R. – E’ la nostra missione quella di restare fino
alla fine. Quindi tutto ciò non ci impaurisce; al contrario, sono esempi che ci danno
la forza: sono una luce per noi, in questa situazione molto difficile e complessa.
D.
– La comunità locale, che conosceva ovviamente padre Frans, ha reagito in qualche
modo, vi sta vicino?
R. – Certamente. Abbiamo ricevuto tanti vescovi, preti,
tanta gente: in tanti hanno chiamato, in tanti stanno venendo per pregare con noi
e in tanti piangono la sua scomparsa. Noi proviamo a dire che lui ora si trova nella
vita, lui è andato a vivere la pienezza della vita, che ha sempre dato agli altri
e ha testimoniato fino alla fine con il suo sangue.