2014-04-07 14:10:00

20 anni fa il genocidio in Rwanda. Ban Ki-moon: vergogna per l'Onu


“Ricordare, unire, rinnovare”: è il motto del manifesto commemorativo per i 20 anni del genocidio in Rwanda. Al via ieri nel Paese africano le cerimonie che andranno avanti per più di tre mesi, a ricordare i 100 giorni che nel 1994, tra aprile e luglio, videro scatenarsi violenze, massacri, atrocità, in una parola: genocidio, ad opera di estremisti hutu perlopiù sulla minoranza tutsi. Il Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha detto che la vergogna" dell'Onu per non aver potuto impedire il genocidio non è stata cancellata. Il Presidente del Ruanda Kagame è tornato ad attaccare la Francia. Il servizio di Giada Aquilino:RealAudioMP3

“Non dobbiamo mai smettere di ricordare i più di 800 mila innocenti brutalmente assassinati e di rendere omaggio al valore e alla forza dei sopravvissuti”. Con queste parole il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, in un messaggio, invita a non dimenticare le vittime del genocidio, soprattutto tra la minoranza tutsi, e poi gli oltre due milioni di profughi, in particolare tra la maggioranza hutu uscita sconfitta dalla guerra civile. Il numero uno del Palazzo di Vetro esorta a prendere “esempio dalla capacità dei rwandesi di unirsi e dimostrare che la riconciliazione è possibile, anche dopo una tragedia di tali proporzioni”; al contempo incoraggia “il popolo e il governo” di Kigali a “rendere ancor più profondo il rispetto dei diritti umani”. Ban Ki-moon prende parte direttamente alle commemorazioni in Rwanda. Chi invece non partecipa è l'ambasciatore di Francia nel Paese africano, Michel Flesch, dichiarato “persona non grata” alle cerimonie, dopo le critiche del presidente rwandese Paul Kagame, che ha accusato Parigi di aver avuto un ruolo nel genocidio, assieme al Belgio, nel silenzio della comunità internazionale. Proprio Kagame, assieme a Ban Ki-moon, ha acceso stamani al ‘Genocide Memorial Centre’ della capitale la torcia che brucerà per cento giorni, esattamente il tempo che durarono i massacri iniziati dopo che, nella notte tra il 6 ed il 7 aprile 1994, l’aereo dell'allora presidente Juvenal Habyarimana - con a bordo anche quello burundese Cyprien Ntaryamira - venne abbattuto mentre si trovava in fase di atterraggio su Kigali. Alla cerimonia, che ha preceduto una “marcia del ricordo” e una grande commemorazione nello stadio Amahoro della città, Ban Ki-moon ha ammesso che le Nazioni Unite, nonostante il tempo trascorso, provano ancora la “vergogna” di non essere state in grado di prevenire il genocidio; l’Onu, ha aggiunto, avrebbe “dovuto, e potuto, fare molto di più”. Erano presenti anche l'ex premier britannico Tony Blair e l’ex capo di Sato sudafricano Thabo Mbeki. In un messaggio, il presidente statunitense Barack Obama ha affermato che “di fronte all’odio dobbiamo ricordare l’umanità che condividiamo; di fronte alla crudeltà, dobbiamo scegliere la compassione; di fronte all’intolleranza e alla sofferenza - ha concluso - non dobbiamo mai essere indifferenti”.

Per un ricordo del genocidio di vent’anni fa, Fausta Speranza ha intervistato il giovane rwandese Sula Nuwamanya, che collabora con l’associazione internazionale ActionAid:RealAudioMP3

R. – Of course what happened in Rwanda...
Certamente quello che è accaduto in Rwanda è stato davvero tragico: uno contro l’altro, abbiamo visto fratelli uccidersi. Qualcuno racconta di bambini colpiti alla testa, uccisi di fronte ai familiari, o di donne violentate di fronte ai figli. E’ una storia davvero triste quella che è successa, tremenda per il Rwanda, ed il Paese si è ritrovato in una situazione indicibile. Oggi cerchiamo di ricordare quello che è successo 20 anni fa, la tragedia che abbiamo attraversato, ma cercando il riscatto di cui abbiamo bisogno per ricostruire il nostro Paese, per assicurarci che quello che è accaduto non riaccada mai più. È stato detto che il Rwanda doveva liberare il proprio Paese da una intera etnia - questo è stato il genocidio – e tanti sono stati costretti a vivere in altri Paesi come rifugiati e, dunque, in una situazione davvero difficile, come quella che ho vissuto io in Uganda da rifugiato con i miei genitori, che hanno sofferto molto. Ma anche quelli che sono rimasti in Rwanda non hanno mai condotto una bella vita, perché sono stati divisi: si è deciso quanti tutsi dovevano andare all’università, quanti tutsi dovevano avere un lavoro, quanti hutu dovevano ottenere un lavoro... L’intero Paese è stato diviso e non sarebbe dovuto succedere. Quindi anche dopo il genocidio è stato un momento triste.

D. – Le persone sono riuscite a perdonare?

R. – Yes, looking at what happened…
Sì, guardando quello che è successo, le tragedie che hanno attraversato in 20 anni, sono riusciti a dire: “Sì, abbiamo attraversato momenti davvero tragici, ma ora riuniamoci e andiamo avanti”. Oggi non succedono più le stesse cose tra gli hutu e i tutsi. Quindi guardiamo al passato, ma anche al futuro. Si riesce a perdonare, non cercando di dimenticare il passato che è impossibile, ma semplicemente volendo perdonarci.

Ultimo aggiornamento: 8 aprile







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