2014-04-04 14:53:53

Medio Oriente: raid israeliani su Gaza e allarme razzi nel Sud di Israele. Stallo nei negoziati


Cresce la tensione in Medio Oriente. Nella notte l’aviazione militare israeliana ha colpito cinque obiettivi “terroristici” a Gaza, ferendo due persone. Mentre in mattinata le sirene di allarme anti-missile hanno suonato nel sud di Israele. Un’escalation che arriva mentre torna lo stallo nel negoziato di pace tra lo Stato ebraico e l’Anp, con il blocco del rilascio degli ultimi detenuti palestinesi pattuiti e con l’approvazione di un controverso progetto archeologico a Gerusalemme est. Per un’analisi della situazione Marco Guerra ha intervista Marcella Emiliani, esperta di Medio Oriente:RealAudioMP3

R. - Il nodo principale è rappresentato dagli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Nonostante gli sforzi di Kerry, degli Stati Uniti, di convincere Netanyahu a sospendere il programma di colonizzazione, Netanyahu compie passi laterali - come quello, appunto, di rilasciare prigionieri e ne ha già rilasciate ben tre ondate…- ma su quello che è il punto centrale, cioè fermare la costruzione di colonie ebraiche in Cisgiordania, proprio non ci sente. Più passa il tempo e più naturalmente rimane meno terra da restituire ai palestinesi, semmai si arriverà a questo. Allo stato attuale delle cose non ci sono molte possibilità che questo possa succedere.

D. - Israele chiede all’Anp di ritirare l’adesione ai trattati internazionali: in pratica si vuole evitare un riconoscimento giuridico dell’Autorità palestinese?

R. - Sì, perché nel momento in cui Abu Mazen si appella a ben 15 Convenzioni dell’Onu che Israele avrebbe violato, evidentemente si affida alla giustizia internazionale e da questo punto di vista Israele sa di essere in grosso difetto!

D. - Intanto la tensione è tornata alta anche tra Gaza e Israele…

R. - Quella comporta proprio uno stato di guerra a bassa intensità, che porta con sé anche delle conseguenze regionali molto pesanti, perché non scordiamo che varie artiglierie di cui si avvale Hamas provengono dall’Iran e fino a poco tempo fa anche dalla Siria. Tutto questo allontana certamente qualsiasi tipo di trattativa. Il punto fondamentale qui è che tutti si comportano come se ci fosse ancora chissà quanto tempo. Non scordiamoci che i negoziati dovevano, nell’ottica di Kerry, essere conclusi per il 29 di aprile: se andiamo avanti di questo passo, non ci arriviamo neanche fra tre anni!

D. - Il ruolo dell’Occidente, degli Stati Uniti e degli attori internazionali quale può essere in questo momento per sbloccare il negoziato?

R. - Praticamente nessuno si è più fatto avanti per risolvere, a livello internazionale, il negoziato. Eravamo rimasti a una mediazione che doveva essere portata avanti da Tony Blair: non se ne è saputo più niente… L’Unione Europea continua a pagare gli stipendi dell’Autonomia nazionale palestinese, ma non ci sono delle iniziative di tipo squisitamente politico a parte questa shuttle diplomacy che il segretario di Stato americano Kerry continua a fare. Resta che in questo momento Israele è ancora nella condizione di porre le proprie di condizioni. Il problema è che manca la volontà politica. E diciamocelo chiaramente, quando manca la volontà politica dove si va?







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