2014-04-04 14:41:37

Elezioni presidenziali in Afghanistan: uccisa la fotografa tedesca Premio Pulitzer


Vigilia elettorale di sangue in Afghanistan: un uomo ha ucciso la fotografa tedesca Anja Niedringhaus dell’Associated Press, unica donna ad aver vinto finora il Premio Pulitzer, e ha ferito la giornalista canadese Kathy Gannon che lavorava con lei. Profondo rammarico ha espresso il presidente Karzai, assicurando l'apertura di un'inchiesta. Questo sabato si vota il successore del presidente Hamid Karzai, oltre che per rinnovare le provincie. Il servizio di Fausta Speranza RealAudioMP3

Nelle città, vie deserte e posti di blocco quasi ogni cento metri. Ma tutti raccontano di una popolazione, soprattutto le donne, molto motivata ad andare a votare. Il 2014 è l’anno del ritiro delle forze internazionali dall’Afghanistan e sale la consapevolezza di dover riprendere in mano la gestione del Paese. Tra gli otto candidati, si parla di 3 possibili figure di maggiore spicco. Ashraf Ghani, economista, di etnia pashtun, è stato ministro delle Finanze alla caduta del governo dei talebani (1996-2001) e consigliere capo del presidente Karzai. Abdullah Abdullah, ex ministro degli Esteri, ha legato il suo nome al piu' famoso Signore della Guerra afghano, Massud. Poi c’è Zalmai Rassoul, ex ministro degli Esteri di Karzai: secondo gli analisti, è lui il candidato preferito dal presidente uscente. Poi si parla molto di Abdur Rab Rassoul Sayyaf, personaggio controverso, vicino all'islamismo militante. Ma nessun analista lo pone fra i favoritissimi.


Per un quadro della situazione, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Kabul Luca Lo Presti, presidente di Fondazione Pangea, che da anni porta avanti progetti di microcredito femminile:RealAudioMP3

R. – È una vigilia elettorale abbastanza tesa, specie all’interno della città: le vie sono deserte, non ci sono macchine parcheggiate, ci sono posti di blocco circa ogni cento metri. In ogni caso qui lavoriamo ormai da 12 anni. La gente non si sta facendo spaventare da quest’atmosfera; noi di Fondazione Pangea vediamo che nei quartieri e nelle case in cui lavoriamo la vita prosegue: i bambini giocano - il pallone è sempre presente – e le nostre beneficiare del microcredito sorridono. Questa è la situazione in Afghanistan: la vita è complicata. Ad esempio, per entrare in un supermercato bisogna superare tre porte blindate e le guardie armate. Nello stesso tempo, le persone vogliono la normalità e pensano che questo voto sia molto importante. Per cui, al di là delle minacce dei talebani, degli integralisti, dei jihadisti, comunque c’è la speranza per un nuovo futuro.

D. - La Fondazione Pangea è presente da 12 anni in Afghanistan. Com’è cambiata in questi anni la gente che va a votare?

R. - La gente va a votare con una fiducia superiore rispetto al passato. Ricordo che alle elezioni presidenziali precedenti non c’era molta aspettativa; adesso c’è. La voce delle donne che Pangea raccoglie nei progetti, qualsiasi sia il candidato, dice che c’è bisogno di più istruzione, più pace e più sicurezza. Queste sono le raccomandazioni che fanno tutti. Certo, i candidati sono appoggiati da signori che hanno le ‘mani insanguinate’, per cui c’è da riflettere. In ogni caso, la speranza c’è.

D. - Cosa avete sentito? Chi sembra il favorito?

R. - Le voci sono le più disparate. A Kabul, il delfino di Karzai comunque sembra essere la persona più gettonata. Ho l’impressione che non ci sia un candidato che rappresenti tutto l’Afghanistan. Ognuno rappresenta la sua etnia, per cui c’è il candidato tagiko, quello pashtun...

D. - Il 2014 è l’anno dei ritiro delle truppe internazionali. Che aspettative ci sono sul terreno?

R. - Ci sono degli afghani progressisti che non vedono l’ora che le truppe se ne vadano. Ci sono donne e uomini che invece hanno paura. Per cui è veramente difficile predire il futuro. Certo è che, se dovessimo andarcene tutti, abbandonando completamente questo Paese, probabilmente il terrorismo, la lotta tribale tra le varie fazioni, come accadde tra il ’92 e il ’96, potrebbero riprendere piede.

D. - In 12 anni di progetti, ce n’è uno che è rimasto impresso particolarmente a voi di Pangea?

R. – La cosa più curiosa è che le donne ci hanno chiesto di poter imparare a fare le estetiste, le parrucchiere, le gioielliere… Quei mestieri che in Afghanistan sembrerebbero di un altro mondo. In realtà è bello poterle accontentare sotto questo profilo, per far vedere che ogni storia che sembrava impossibile invece si realizza con un’esperienza di vita ed di un futuro vero. Loro ci stanno chiedendo di rimanere, qualsiasi cosa accada. Il mio auspicio è quello di trovare sempre la forza, le energie, le risorse per poter restare a fianco di queste persone che, comunque vada, vogliono vivere.







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