Siria: 150mila morti in tre anni di guerra. Mons. Audo: la gente non ce la fa più
In Siria sono ripresi i combattimenti tra forze lealiste e ribelli a nord della capitale
Damasco, in una zona dove in precedenza si era registrata una tregua. Intanto, rimbalzano
le notizie sulle vittime in tre anni di guerra, fornite martedì dall’Osservatorio
nazionale per i diritti umani, vicino alle opposizione anti-regime. Servizio di Francesca
Sabatinelli:
150 mila morti
in tre anni di conflitto, di questi un terzo circa sono civili e almeno ottomila bambini.
L’Osservatorio nazionale per i diritti umani fornisce un bilancio di vittime non verificabile
e non confrontabile con i dati delle organizzazioni internazionali che da mesi non
danno cifre, ma il conteggio viene ritenuto verosimile da chi, come mons. Antoine
Audo, vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria, questa guerra l’ha
vissuta sin dall’inizio. Mons. Audo denuncia la povertà estrema nella quale ogni giorno
di più si trovano i suoi concittadini:
R. – Non c’è sicurezza, non c’è lavoro
e la gente è molto stanca. Come presidente di Caritas, incontro tanta gente ogni giorno:
le famiglie, le persone, la classe media è divenuta povera, non hanno denaro, tutto
è rincarato, non possono comprare nulla. Una donna è venuta a dirmi che hanno venduto
le fedi del loro matrimonio, lei e suo marito, per sopravvivere. Le famiglie cristiane
vengono questo poco di oro che hanno per poter comprare cibo e viveri, da un giorno
all’altro.
D. – Le medicine, ci sono?
R. – Mancano, mancano. Si possono
trovare, ma bisogna chiedere e cercare e costano molto care. Quello che io vedo è
che la gente è stanca: c’è una stanchezza, una fatica molto grande a livello psicologico
e a livello fisico. Non si riesce più a sopportare come prima.
D. – E la violenza
continua ad Aleppo e nei dintorni ...
R. – Da noi, questo è il grande problema
e il grande pericolo, abbiamo bombe che arrivano da non so dove, sui quartieri, sulle
chiese, sulle case … E’ una cosa terribile! Per esempio, la gente non cammina più
come prima per la strada: fa attenzione, perché non si sa in quale momento possa cadere
una bomba su di loro o accanto a loro. Per esempio, abbiamo una scuola nel nostro
vescovado: 150 bambini vengono ogni giorno … Ogni tanto io penso e prego per questi
bambini, perché se una bomba piombasse sul cortile dove giocano, sarebbe la catastrofe.
E noi, viviamo così: da un giorno all’altro può succedere qualsiasi cosa. Nello stesso
tempo, la vita continua: si deve vivere, sopravvivere. Ma non c’è un’altra soluzione.
D.
– Aleppo, oggi, che città è? Una città deserta, una città ferma o una città che ancora
riesce a essere la casa dei suoi abitanti?
R. – Non è una città deserta. La
sera, sì: quando la notte arriva, generalmente non c’è elettricità; ognuno è nella
sua casa. Una volta, Aleppo era famosa per le sue notti, feste, celebrazioni, ristoranti
… Adesso, quando arriva la notte, nessuno esce di casa. Questa è la situazione dopo
tre anni. Veramente, chiediamo preghiere per la pace per poter vivere con dignità.
A volte sembra una vita normale: c’è gioia, c’è speranza. Altre volte, siamo stanchi
…