Rana Plaza: ad un anno dal crollo partono i processi per i risarcimenti. La tesimonianza
di una superstite
A quasi un anno dal crollo in Bangladesh del Rana Plaza, l’edificio che produceva
per 28 aziende tessili internazionali, è partito il processo per il risarcimento delle
vittime. A Roma, l’associazione Abiti Puliti ha ospitato una delle vittime nell’ambito
di una campagna europea di sensibilizzazione. Il servizio di Elvira Ragosta:
Shila Begun
è una degli oltre 2000 operai scampati al crollo del Rana Plaza:
“(parole
in bengalese) Non chiedo un risarcimento solo al governo bengalese, ma a
tutte le aziende, che hanno avuto affari con Rana Plaza. Costruivamo noi i prodotti,
ma non li facevamo solo per il Bangladesh, li facevamo per tutti. E’ nostro diritto,
quindi. Oggi mi vergogno di essere qui a chiedere risarcimenti. Ma voi non siete persone?
Penso che siate come noi e quindi abbiate una famiglia. Se ci pensate un attimo è
quindi facile capire quello che proviamo. Io sono una donna vedova e come faccio da
sola, con mia figlia, non potendo lavorare? Non ho parole oggi, non so cosa dirvi”.
Sotto
le macerie dell’edificio le operazioni di soccorso, durate 17 giorni, trovarono i
corpi senza vita di 1138 lavoratori. Costretti a lavorare, nonostante da giorni avessero
notato le crepe nell’edificio di 8 piani, che produceva capi d’abbigliamento per otre
28 marchi internazionali, per un salario mensile di 30 euro e senza tutela sindacale.
Sotto la supervisione dell’Organizzazione internazionale del Lavoro è stato istituito
un Fondo cui vittime e familiari potranno chiedere un risarcimento adeguato. Ma non
tutti marchi coinvolti hanno versato la loro parte al fondo tra questi anche tre imprese
italiane, come ci racconta la portavoce dell’associazione Abiti Puliti, Deborah
Lucchetti:
“In Italia le aziende coinvolte direttamente sono tre. Posso
dirvi che altre hanno già dimostrato invece una volontà positiva. Mancano all’appello
molte altre aziende che erano presenti a Rana Plaza. A livello internazionale le imprese
si stanno muovendo, anche quelle americane, che erano quelle più refrattarie ad assumersi
la responsabilità. Ci spiace quindi rilevare che le aziende italiane siano ancora
al palo. La Commissione che sta già lavorando in Bangladesh, per chiedere a tutte
le vittime di sottoporre la richiesta formale di risarcimento, è già avviata. Anche
il fondo è partito e da febbraio è aperto alle donazioni di tutti i marchi collegati
al Rana Plaza, ma anche di tutte le altre aziende non collegate che lavorano in Bangladesh.
Abbiamo finora raccolto all’incirca 10 milioni di dollari, ma la strada è ancora lunga
per arrivare a 40”.