"Atrocità deplorevoli" in Centrafrica: Ban Ki-moon invoca aiuti internazionali
“Agire rapidamente per fornire supporto alla popolazione” del Centrafrica. Lo ha detto
ieri il segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon, in occasione del vertice Ue-Africa
a Bruxelles. Il numero uno del Palazzo di Vetro ha parlato a margine dell’incontro
pre-vertice dedicato al Paese africano, sconvolto da un anno di violenze perpetrate
prima dai ribelli Seleka e poi dalle milizie anti-Balaka. “Farò appello - ha assicurato
- a tutti i Paesi per fornire ulteriori truppe, polizia e sostegno finanziario” alla
Repubblica Centrafricana, dove - ha proseguito - ci sono “bisogni urgenti”: la situazione
è “molto disastrosa” e “la gente sta soffrendo atrocità deplorevoli”. Ban Ki-moon
ha quindi raccomandato di dispiegare una forza di almeno 10 mila soldati; ieri l’Unione
Europea ha dato il via libera ad una propria missione militare nel Paese di mille
uomini, che si aggiungono ai 2 mila francesi e ai 6 mila militari africani già presenti
sul terreno. Al microfono di Giada Aquilino, ascoltiamo frà Antonino Serventini,
frate cappuccino a Bimbo, zona aeroportuale di Bangui:
R. – I militari
francesi assicurano la liberazione e il buon funzionamento delle grandi arterie, come
la Transafricana, perché è da lì che passano le ricchezze dell’Africa per l’Europa
e per il mondo intero e le merci in entrata.
D. – Quali sono ora le zone più
critiche del Paese?
R. - Bangui. Soprattutto la zona del centro commerciale
“Kilomètre cinq”, cioè dove c’è tutta l’attività commerciale gestita dagli arabi:
lì è il punto critico, dove ancora si sta combattendo e i quartieri sono ad alta tensione.
D.
- La stampa internazionale definisce quelle in corso ormai da un anno in Repubblica
Centrafricana “violenze a sfondo religioso”. Eppure le testimonianze che arrivano
dal Centrafrica dicono che non è così…
R. – E’ vero. E’ tutta una menzogna,
non sono a sfondo religioso, perché quelli che attaccano da una parte e dall’altra
certamente non lo fanno per motivi religiosi, ma semplicemente per motivi di interesse
e di parte, motivi economici: uranio, cotone, grandissimi giacimenti di petrolio e
legname. Queste cose sono alla base del ‘litigio’ internazionale: non centrafricano
ma internazionale!
D. – La presidente di transizione Catherine Samba Panza
ha detto che il Centrafrica è uno Stato che non esiste praticamente più: come si vive
in queste ore?
R. – Si vive nell’angoscia. Lo vedo nei bambini che sono qui
da noi. Assistiamo 700 persone. C’è angoscia, precarietà. Sono senza scuola, senza
acqua, senza possibilità di andare tranquillamente nei campi e ritornare, senza possibilità
di andare a fare spese. E poi non possono abitare nei loro quartieri, ciò che interessa
loro è salvare la famiglia. Quindi da chi possono andare? Allora si va dai carmelitani,
in diecimila, si va in seminario, in seimila, si va dai cappuccini, in 700, si va
all’aeroporto, in 100 mila... E poi in queste condizioni: adesso piove, si fanno tende,
ma sono insufficienti. Si vive davvero nella miseria.
D. – Lei ha parlato di
700 persone riparate da voi. Ovviamente accogliete tutti, senza distinzione…
R.
– Sì. La difficoltà è proprio quella di entrare nel cuore delle persone per poter
ricucire i sentimenti di umanità, ma ci vorranno almeno 30 anni per togliere dal cuore
dei bambini questa terribile realtà di lacerazione nazionale.