Accanto a Giovanni Paolo II per oltre 20 anni, Joaquin Navarro-Valls sta
vivendo con particolare emozione questi giorni che precedono la Canonizzazione di
Karol Wojtyla. All’ex direttore della Sala Stampa vaticana, Alessandro Gisotti ha
chiesto di “rileggere” la figura e la testimonianza del futuro Santo e di soffermarsi
sull’eredità che Papa Wojtyla lascia al mondo della comunicazione:
R. - Ricordo il nostro primo incontro con l’intuizione – perché ancora non era l’evidenza
– di una pagina nuova per la storia del Pontificato. Giovanni Paolo II così
giovane - come Papa - con quell’incisività, con quell’apertura, quell’allegria, quel
carattere propositivo che aveva, lo vedevo certamente come una pagina nuova della
storia del Pontificato. E oggi con il tempo questo viene confermato e moltiplicato
per tutta una generazione. É stato un punto di riferimento con il quale confrontarsi,
non solo per storia della Chiesa, ma per la storia dell’umanità a tutti i livelli,
dagli intellettuali alla semplice gente della strada.
D. - C’è stato un momento nel suo lungo servizio accanto e per Giovanni Paolo II in
cui ha incominciato a pensare: “Quest’uomo è un santo, non è solo un grande Papa.
Quest’uomo è un santo”…
R. - Questo momento è stato molto precoce: già dai primi tempi, quando gli stavo vicino
e lavoravo con lui e le prime volte che l’ho visto semplicemente pregare. In qui momenti
ho avuto la certezza di questo: quest’uomo è un santo; ha un’intimità con Dio che
è così evidente che questo corrisponde alla caratteristica della santità secondo i
criteri della Chiesa cattolica.
D. - In questi nove anni dopo la morte cosa l’ha colpita nell’atteggiamento delle
tante persone che ovviamente avrà incontrato, nei confronti di Karol Wojtyla?
R. – Direi la tenacia nel ricordare Karol Wojtyla come una persona viva. È curioso,
dopo tanti anni, parlano del Papa non soltanto menzionando ricordi specifici, immagini,
momenti, ma molto spesso dicono: “Guardi io gli ho chiesto questo nella mia vita”;
cioè attualizzando questi ricordi con dei fatti personali riferiti a Giovanni Paolo
II. Ancora mi fermano per strada dicendo: “Mi permetta di dirle questo…” Quindi continua
ad essere molto presente, molto attivo nella vita delle persone.
D. - Giovanni Paolo II era un comunicatore naturale, straordinario. Secondo lei anche
in questo suo carisma possiamo trovare degli elementi di santità?
R. – Certamente, l’espressione il grande comunicatore riferita a
Giovanni Paolo II, è vera. È vera ma può trarre in inganno se ci fermiamo a pensare
che era un grande comunicatore perché comunicava bene a livello formale. Quando la
gente diceva “Lui ha ragione” non lo diceva per dare ragione ad una bella voce o ad
un’espressività comunicativa magnifica; si dà ragione a una persona che dice il vero!
In lui mi pare che il bello, il buono e il vero apparivano nella sua comunicazione
così unite tra loro che si capiva chiaramente la qualità della comunicazione per il
contenuto di quello che stava comunicando. Insomma, lui comunicava Dio, rendeva amabile
la virtù, faceva delle proposizioni che potevano riempire un’esistenza. Penso che
questa fosse la virtù della sua comunicabilità, non tanto l’aspetto puramente formale.
D. - Nell’ambito delle comunicazioni sociali quale pensa sia l’eredità più duratura
per la Chiesa, della testimonianza santa di Giovanni Paolo II?
R. – Penso che sempre, non soltanto nella Chiesa, ma anche nella vita sociale, abbiamo
sempre trovato delle persone che sembrano avere una chiarezza straordinaria nel dire
che cosa non si deve fare e cosa non si dovrebbe essere, ma allo stesso tempo sembrano
non avere la stessa chiarezza nel definire e nel comunicare che cosa si può essere
o verso dove si dovrebbe camminare se si vuole essere migliori. Naturalmente questa
etica al contrario, lascia nell’animo l’attrito dell’ambiguità, non entusiasma mai.
Giovanni Paolo II era completamente diverso! Penso che questo sia rimasto come un
modo di evangelizzare, di comunicare la verità cristiana. Questa affermazione della
verità cristiana deve essere propositiva. Per esempio, Giovanni Paolo II parlava di
più della bellezza dell’amore umano che dei rischi di una sessualità capricciosa.
Non parlava quasi mai dell’egoismo e, invece, quasi sempre di come sarebbe stupendo
un mondo fatto di generosità. Questo modo propositivo di comunicare le verità cristiane
entusiasma, attira e io penso che questo rimane l’esempio, l’insegnamento di Giovanni
Paolo II.
(Tratto dall'archivio di radiovaticana.va)
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