Convegno Caritas diocesane. Giaccardi: la povertà ci spinga a trovare nuove alleanze
basate sulla prossimità
In corso a Quartu Sant’Elena, nella diocesi di Cagliari, il 37.mo Convegno nazionale
delle Caritas diocesane sul tema "Con il Vangelo nelle periferie esistenziali”. 700
i delegati giunti da tutta Italia e impegnati nei lavori. Sul valore e l’attualità
della povertà nella Chiesa e sulla distinzione tra povertà e miseria si è soffermata
nel suo intervento Chiara Giaccardi, docente presso l'Università Cattolica
del Sacro Cuore a Milano. Fabio Colagrande l’ha intervistata:
R. - La povertà
non è uno stato di diminuzione di umanità; è la miseria che diminuisce l’umanità.
La povertà è uno stato di riconoscimento di un limite, di una pochezza. La Chiesa
stessa ha bisogno dei poveri, si lascia toccare dai poveri, e questo tocco la trasforma
in ciò che deve essere: un’istituzione che ha, prima di tutto, la capacità di accogliere
e di abbracciare tutti i suoi figli, una Chiesa che deve uscire per andare ad incontrare
i poveri, come ha detto Papa Francesco. La povertà è riconoscere questo legame, questo
limite, quindi questa necessità di essere insieme, di essere legati ad altri ma soprattutto
di essere legati al Padre.
D. - Quando la povertà materiale diventa pesante
la perdita di dignità è in agguato …
R. - Assolutamente. Il Papa lo dice chiaramente,
ma lo aveva detto anche Benedetto XVI che la disuguaglianza è fonte di disumanizzazione.
Allora questo va affrontato. Credo che la contingenza di oggi, da una lato culturale
ci dice che l’individualismo è un modello che non tiene. D’altro canto il ritorno
di una logica - attraverso il web - di condivisione è un aspetto della nostra contemporaneità
che ci può aiutare a pensare, anche in chiave un po’ diversa il tema dell’aiuto reciproco,
che non è tanto elargire qualcosa, ma aiutarsi a vicenda. Penso che il ruolo della
Chiesa sia quello di sollecitare i fratelli a prendersi cura dei loro fratelli, perché
in realtà la miseria ci riguarda tutti. Recuperiamo il nostro saper fare, il nostro
saper stare in relazione; questo è un modo per combattere la povertà materiale che
poi porta alla miseria.
D. - L’efficienza, cioè il taglio delle spese, riorganizzare
le prestazioni … tutto questo non può essere l’unica via per combattere la povertà,
la miseria. C’è una via “povera” - la povertà come metodo - come lei suggerisce che
punta invece su altro …
R. - La povertà come metodo è il riconoscimento di
una pochezza, di un limite che chiama in causa la necessità di un’alleanza. Il Papa
ha detto: “La Chiesa non è un’ong”, non ha come obbiettivo l’efficienza, ma ha come
fine la realizzazione per tutti della pienezza della loro umanità. La povertà ci spinga
a creare alleanze locali, basate sulla contiguità, sulla vicinanza. I poveri vanno
toccati. Questo lo dice Gesù e lo dice anche Papa Francesco con una chiarezza cristallina.
La modernità ha frammentato tutto in nome dell’efficienza; pensiamo ai “Tempi moderni”
di Chaplin e a quella metafora della catena di montaggio. Oggi, invece, bisogna rilegare
in nome dell’umanità, rimettere insieme, trovare nuove sintesi e alleanze perché l’umanità
possa esprimersi.