Il Papa all'Angelus: non rimaniamo ciechi, apriamoci alla luce di Dio
Non rimanere “ciechi nell’anima”, ma aprirsi “alla luce, a Dio e alla sua grazia”.
È l’esortazione di Papa Francesco all’Angelus di ieri, in una Piazza San Pietro gremita
da 50 mila fedeli. Nella quarta domenica di Quaresima, il Vangelo di Giovanni presentava
la figura del cieco nato: il Pontefice ha più volte esortato a rileggerne il brano.
Il servizio di Giada Aquilino:
La nostra vita
a volte “è simile a quella del cieco che si è aperto alla luce, a Dio e alla sua grazia”;
a volte purtroppo “è un po’ come quella dei dottori della legge”, dei farisei, che
sprofondarono "sempre più nella cecità interiore”: “dall’alto del nostro orgoglio
giudichiamo gli altri, e perfino il Signore”. La riflessione di Papa Francesco all’Angelus
ha preso spunto dall’episodio evangelico dell’uomo cieco dalla nascita, al quale Gesù
dona la vista: alla fine, mentre i “presunti vedenti” continuano a rimanere ciechi,
il cieco guarito “approda alla fede” ed è questa, ha detto il Pontefice, la “grazia
più grande che gli viene fatta” da Cristo: “conoscere Lui, che è ‘la luce del mondo’”.
“Oggi,
siamo invitati ad aprirci alla luce di Cristo per portare frutto nella nostra vita,
per eliminare i comportamenti che non sono cristiani”.
Eppure “tutti noi”,
ha sottolineato il Santo Padre, abbiamo comportamenti alcune volte non cristiani,
comportamenti che sono peccati”:
“Dobbiamo pentirci di questo ed eliminare
questo comportamento per camminare decisamente sulla via della santità”.
L’evangelista
Giovanni, ha ricordato il Papa, vuole dunque attirare l’attenzione proprio su ciò
“che accade anche ai nostri giorni”:
“Tante volte un’opera buona, un’opera
di carità suscita chiacchiere, discussioni perché ci sono alcuni che non vogliono
vedere la verità”.
L’episodio del cieco nato, “che - ha aggiunto il Pontefice
- fa vedere il dramma della cecità interiore di tanta gente, anche la nostra”, ci
riconduce al Battesimo:
“Nel Battesimo noi siamo stati illuminati affinché,
come ci ricorda San Paolo, possiamo comportarci come ‘figli della luce’, con umiltà,
pazienza, misericordia”.
Il Papa ha quindi consigliato di rileggere il
brano del capitolo 9 del Vangelo di Giovanni:
“Vi farà bene, perché così
vedete questa strada dalla cecità alla luce e quell’altra strada cattiva verso una
più profonda cecità. E domandiamoci: come è il nostro cuore? Com’è il mio cuore, com’è
il tuo cuore, com'è il nostro cuore? Io ho un cuore aperto o un cuore chiuso? Aperto
o chiuso verso Dio? Aperto o chiuso verso il prossimo? Sempre abbiamo in noi qualche
chiusura nata dal peccato, nata dagli sbagli, dagli errori: non abbiamo paura, non
abbiamo paura! Apriamoci alla luce del Signore: Lui ci aspetta sempre. Lui ci aspetta
sempre. Per farci vedere meglio, per darci più luce, per perdonarci. Non dimenticate
questo: Lui ci aspetta sempre”.
Il Pontefice ha quindi affidato alla Vergine
Maria “il cammino quaresimale, perché anche noi, come il cieco guarito, con la grazia
di Cristo possiamo ‘venire alla luce’, rinascere a vita nuova”.
Dopo la recita
dell’Angelus, il Santo Padre ha salutato i fedeli presenti, tra cui i “militari italiani
che hanno compiuto un pellegrinaggio a piedi da Loreto a Roma, pregando - ha detto
- per la pacifica e giusta risoluzione delle contese”:
“Questo è molto bello:
Gesù, nelle Beatitudini, dice che sono beati coloro che lavorano per la pace”.
Il
Papa ha infine salutato pure i rappresentanti del Wwf-Italia, “incoraggiandoli nel
loro impegno a favore dell’ambiente”.