2014-03-30 09:19:40

A Napoli, il calcio come vivere sociale e rispetto delle regole


“Se i ragazzi non possono andare ai campetti, che i campetti vadano dai ragazzi”: è questo uno dei punti cardine della prima scuola di calcio per strada a Napoli. E’ rivolta ad adolescenti dei quartieri a rischio della città. Il calcio, dunque, per abbattere le barriere economiche e sociali. Il progetto è organizzato dall’associazione Arriap, dall’inglese “hurry up”, letteralmente “muoviti”. Il presidente dell’associazione Pasquale Russiello spiega l'iniziativa al microfono di Maria Cristina Montagnaro:RealAudioMP3

R. - Si tratta di un’iniziativa partita tre anni fa, quando abbiamo cominciato a conteggiare e a verificare la quantità di ragazzi che giocavano nei luoghi più impensabili; generalmente a Napoli, ma anche nell’immediata periferia.

D. – A chi vi rivolgete?

R. – Proprio a questi bambini che giocano in modo assolutamente destrutturato, semplicemente perché non hanno altre occasioni di svago. Ragazzi dai 7 ai 15 anni.

D. – Vi rivolgete, ad esempio, a ragazzi che provengono da quartieri a rischio?

R. – Soprattutto, ma non solo. Uno degli aspetti importanti del progetto è proprio quello di stimolare l’integrazione sociale su più livelli e di unire ragazzi provenienti da zone diverse.

D. – In quali campi da calcio si svolgeranno le selezioni?

R. – I campi sono quelli messi a disposizione dalle parrocchie. In tutto sono 67 e una ventina di questi è regolamentare. Il progetto si sviluppa su tre livelli: il programma tutoring dà la possibilità di fare allenamenti e di avere una frequentazione sportiva; abbiamo poi il torneo interdiocesano, come seconda attività sviluppata dall’associazione, con - ad oggi - 800 partite; inoltre, abbiamo la squadra vera e propria, quella che poi si iscriverà ai tornei federali e che nasce da una selezione fatta tra i ragazzi partecipanti sia al torneo, sia al programma di tutoring.

D. – Come hanno reagito i ragazzi?

R. – Il coinvolgimento, come dicevo, è totale. La reazione, soprattutto per quanto riguarda la parte del torneo, è stata molto positiva. Gli iscritti ad oggi sono circa 2.200.

D. – Educare attraverso lo sport è possibile?

R. – Sì, è uno dei tre principi che abbiamo prestabilito: la salute, l’educazione e l’istruzione. Il programma tutoring ha un piano molto particolare: si dà pochissimo spazio - quasi nullo - alla parte agonistica ma si fa molta attenzione al rispetto delle regole, dei ruoli, degli orari, della disciplina intesa proprio come vivere sociale, prima che pratica sportiva.

D. – Può fare qualche esempio?

R. – Il messaggio di sportività e di attenzione allo spirito di squadra, piuttosto che al risultato fa sì che lo sport diventi un veicolo e non il fine per rappresentare questi sani principi di convivenza, rispetto delle regole e spirito di gruppo.

D. – Chi volesse sapere di più cosa deve fare?

R. – Abbiamo raccolto quasi tutte le informazioni sul nostro portale www.arriap.it, in aggiornamento continuo.







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