2014-03-26 13:04:00

"Abbiamo stretto molte mani", in un libro i 20 anni di Intersos


“Abbiamo stretto molte mani” è il titolo del libro che raccoglie 20 anni di esperienze sul campo dell’organizzazione non governativa italiana "Intersos", specializzata nell’intervento in situazioni d’emergenza e che nel corso del tempo ha svolto missioni in 35 Paesi del mondo. Il volume è stato presentato martedì pomeriggio a Roma. Il servizio di Davide Maggiore:

Sono gli operatori umanitari i protagonisti del libro, e dall’Africa, dall’Asia centrale e dal Medio Oriente raccontano le loro esperienze al fianco dei beneficiari dei progetti di Intersos. Un approccio che l’autrice di “Abbiamo stretto molte mani”, la giornalista Sonia Grieco, ha voluto sottolineare fin dal titolo:

"Ovviamente, lo abbiamo scelto insieme con Intersos. Ci sembrava emblematico del lavoro che fa Intersos, che è quello di cercare di creare un rapporto paritario con chi ha bisogno del sostegno di un’organizzazione umanitaria. Quindi, ci sembrava che desse il senso del lavoro e di come Intersos intende il lavoro umanitario".

Il libro si concentra in particolare su contesti che fanno riferimento all’attualità, come il conflitto in Sud Sudan e la situazione afghana, ma dedica spazio anche a esperienze che hanno segnato una tappa importante nella crescita di Intersos. E raccogliendo le testimonianze nate da vent’anni di missioni, “Abbiamo stretto molte mani” diventa anche uno strumento per riflettere su cosa è cambiato e cosa invece resta costante nel settore dell’impegno umanitario. Ne parla Nino Sergi, presidente e fondatore di Intersos:

"Il mondo è cambiato in questi 20 anni, dunque anche gli interventi umanitari hanno dovuto adattarsi ai cambiamenti del mondo. Rimangono però delle certezze che sono i principi umanitari: gli Stati spesso intervengono per altri motivi, ma un’organizzazione umanitaria interviene perché c’è bisogno. Inoltre, si interviene esercitando una neutralità: se uno prende parte tra i contendenti, ovviamente, il nostro lavoro perde molto di efficacia perché saremo visti di parte. Per questo noi dobbiamo essere neutrali ed anche imparziali. L’aiuto deve arrivare a tutti".

In un’epoca in cui – oltre alle modalità della cooperazione – sono aumentati anche i soggetti che se ne incaricano, arrivando a comprendere le missioni militari all’estero, anche il profilo dell’operatore umanitario non è uno solo. Lo spiega Sonia Grieco:

"Tra i vari operatori che ho intervistato, c’era chi lo ha fatto per conoscere altre culture, altre comunità e lo vuole fare con calma, con pazienza, vivendo a stretto contatto con loro. Altri perché hanno un senso della solidarietà e del dono che li ha spinti a scegliere questo mestiere. Per esempio, parlavo con uno degli amministratori – laureato in economia e finanza – che mi diceva: 'Io sarei stato destinato ad una banca, invece facendo questo mestiere vedo il destinatario finale del lavoro che faccio'”.

Costante è però la consapevolezza che chi interviene anche in situazioni d’emergenza deve tenere conto delle cause di una crisi, in modo da poter riannodare i fili del tessuto sociale una volta terminato il conflitto. Nino Sergi prende come esempio il lavoro svolto da Intersos in Kosovo:

"Riabilitando dei siti culturalmente, ma anche dal punto di vista religioso, molto importanti, puntando sul patrimonio artistico, siamo riusciti a unire albanesi e serbi che si sono ritrovati dopo anni ed anni di 'non dialogo'. Ricordo poi che portando ragazzi delle scuole elementari, albanesi-kosovari, al monastero di Dečani gli stessi monaci hanno detto: 'Noi dobbiamo imparare l’albanese. Con queste persone adesso dobbiamo dialogare molto più di quanto potevamo fare nel passato, quando il nostro rapporto era solo con la comunità serba”.

(Tratto dall'archivio di radiovaticana.va)








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