In Thailandia sono riprese le marce degli anti-governativi in preparazione delle grande
manifestazione di sabato. Violenze e intimidazioni quotidiane, presidi militari a
Bangkok e fondamentali economici in affanno segnalano una crisi sempre più complessa.
Stefano Vecchia:
Bangkok è nuovamente
interessata da manifestazioni di protesta dopo una relativa tregua in cui le iniziative
anti-governative si erano concentrate quasi esclusivamente nel centrale Parco di Lumpini.
Ieri e oggi, migliaia di manifestanti e tra questi significativamente centinaia di
uomini del servizio d'ordine, hanno accompagnato i leader della protesta in lunghe
marce in diverse aree del centro cittadino. L'intento è di sensibilizzare la popolazione
sul grande raduno di sabato, una prova di forza contro il governo guidato dalla signora
Yingluck Shinawatra che per l'opposizione dovrebbe essere la più consistente dall'inizio
delle tensioni a novembre. La protesta ha deciso di rompere gli indugi davanti
agli esiti al momento imprevedibili della decisione con cui il 21 marzo la Corte costituzionale
ha annullato la consultazione elettorale del 2 febbraio per l'impossibilità di tenere
la tornata elettorale in una sola giornata per il boicottaggio delle opposizioni.
Le elezioni anticipate erano state chieste dalla premier come tentativo di sbloccare
la crisi davanti alle crescenti manifestazioni di piazza, invece la situazione si
è ulteriormente complicata. Sbocchi negoziali alla situazione sembrano ora semplicemente
impensabili, anche organismi neutrali o di mediazione istituzionale, inclusi Corte
costituzionale, Commissione nazionale anti-corruzione e forze armate sono visti dalle
parti come squalificati o tendenziosi e quindi fattori di crisi e non della sua soluzione. Sono
in pochi ad illudersi sulla possibilità di un percorso riformista che anticipi il
un nuovo voto, che comunque non potrebbe arrivare prima di quattro-sei mesi, aggravando
la contrazione produttiva ed economica del paese. D'altra parte, l'avvio di un nuovo
cammino elettorale sotto lo stesso governo o un intervento della magistratura o dei
militari che metta fine all'esecutivo provvisorio avvierebbero lo scontro aperto tra
le parti che le fazioni più estremiste stanno preparando da tempo.