Agromafie nella Piana di Gioria Tauro: la denuncia delle associazioni
A quattro anni dalla rivolta dei braccianti a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro
la situazione di sfruttamento dei migranti occupati nella raccolta agrumicola non
è cambiata. È quanto denunciato martedì alla Camera dei deputati dall’Associazione
Medici per i diritti umani e da “Sos Rosarno”, che chiedono al governo il potenziamento
dei fondi per l’accoglienza stagionale. Il servizio di Elvira Ragosta:
Vivono nelle
tendopoli installate dal Ministero dell’interno o nei casolari abbandonati, spesso
senza acqua ed elettricità. Sono circa 2.000 i braccianti stranieri impiegati in "nero"
per la raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro. Provenienti per lo più dall’Africa
subsahariana, lavorano 8 ore al giorno per una paga di 25 euro. Due su tre hanno un
permesso di soggiorno e quasi uno su due è rifugiato politico. La stagione agrumicola
è ormai alla fine e manca il piano di accoglienza del governo per l’anno prossimo.
Dopo la rivolta di Rosarno nel 2010, in Calabria le agromafie continuano a sfruttare
i migranti e i piccoli agricoltori. Lamine Bodian, ex bracciante e oggi mediatore
culturale dell’associazione “Sos Rosarno”:
"Va di male in peggio, non c’è
nessun cambiamento dal giorno della rivolta fino a oggi. Però, ci sono alcune persone
che stanno cercando un’alternativa per poter uscire da questi disagi. Io faccio parte
di un’associazione che si chiama “Sos Rosarno”: lavoratori e braccianti, ma anche
i piccoli agricoltori, stanno cercando una strada giusta, perché anche i piccoli agricoltori
possano riuscire a vendere i loro prodotti ad un giusto prezzo, grazie anche alla
collaborazione di gruppi di acquisto solidale sparsi in Italia".
L’Associazione
Medici per i diritti umani, che a Gioia Tauro ha un presidio, ha realizzato un’indagine
sullo stato sociosanitario di circa 150 braccianti, riscontrando che la maggior parte
delle malattie diagnosticate è legata alle pessime condizioni abitative, igienico-sanitarie
e alle durissime condizioni di lavoro. Lavoro che sfrutta e sottopaga i migranti e
che invece ingrassa il volume d’affari delle agromafie. Ma quante sono le Rosarno
d’Italia? Stefano Masini, responsabile Ambiente, Territorio e Consumi della
Coldiretti:
R. - Sono numerose. Il 20% dell’occupazione dell’agricoltura è
appunto legato all’impegno dei lavoratori immigrati. Oltre a Gioia Tauro, in Abruzzo
gran parte dei pastori impegnati negli allevamenti zootecnici sono macedoni. Lo stesso
accade per il Parmigiano Reggiano - prodotto tipico del nostro made in Italy - che
è legato all’impegno di lavoratori indiani, uno su tre addetti alle stalle è appunto
di nazionalità indiana. Inoltre, negli alpeggi della Val d’Aosta operano circa 300
persone, in prevalenza lavoratori esteri.
D. - Ci dà qualche cifra sul volume
d’affari delle agro mafie?
R. - Nell’ultimo censimento che Coldiretti ed Eurispes
hanno realizzato, sono 14 miliardi e mezzo gli euro legati ad attività tradizionali
- in particolare di estorsione - ma anche a investimenti in nuove attività produttive
di reddito e in particolare alla catena alimentare, che oggi rappresenta un importante
segmento, in grado anche di riciclare denaro sporco.