2014-03-22 15:03:31

Le testimonianze dei familiari delle vittime della mafia e il commento di Gian Carlo Caselli


Tanti i familiari delle vittime presenti alla veglia di preghiera per le vittime innocenti delle mafie, organizzata dall’associazione Libera di don Ciotti. Tra di loro, Flora Agostino sorella di Antonino, un carabiniere morto in un attentato mafioso il 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini in Sicilia, con la moglie appena diciannovenne in attesa del loro primo figlio; Giovanni Gabriele, padre di Domenico morto a Crotone a soli 11 anni nel settembre del 2009 dopo tre mesi di coma, vittima innocente di un agguato tra cosche che lo coinvolse mentre giocava con altri ragazzi a calcetto e Massimiliano Noviello figlio di Domenico, ucciso il 16 maggio 2008 nel casertano per aver denunciato tentativi di estorsione da parte del clan camorristico dei Casalesi. Ascoltiamo le loro testimonianze raccolte da Marina Tomarro.RealAudioMP3

R. - (Flora Agostino) È da 24 anni che non sappiamo chi sia stato; né i mandanti, né gli esecutori. Ci sono i miei genitori. Anche io con i miei figli giro tutta Italia per chiedere verità e giustizia per questo caso ancora irrisolto. Non abbiamo scoperto nulla. Hanno legato il caso di mio fratello al fallito attentato all’Addaura.

D. - Cosa vuol dire per voi questo incontro con Papa Francesco?

R. - Quando lo abbiamo saputo, abbiamo pianto, perché è stata un’emozione grandissima. Il Santo Padre è uno di noi! Siamo qui in 900 … 900 familiari che chiedono a gran voce verità e giustizia per dire “Non siamo soli!”.

R. - (Giovanni Gabriele) Incontrare il Papa da vicino, che ci sostiene, è una cosa meravigliosa! Si leggono i nomi di tutte le vittime innocenti delle mafie e, nonostante la tragedia, oggi teniamo viva la memoria di nostro figlio Domenico e quella di tutte le vittime di mafia.

D. - Qual è un ricordo di suo figlio che lei conserva sempre?

R. - Totò è morto. Ma la morte però non ci ha diviso. Come io vivevo in lui, adesso lui vive in me.

R. - (Massimiliano Noviello) È stato un bellissimo gesto: la Chiesa che apre le porte ai familiari. Il Papa che si esprime in maniera così forte nei confronti della criminalità.

D. - Qual è il modo per battere questa criminalità, perché quello che è successo a suo padre non succeda più?

R. - Io ritengo che non ci debbano essere più eroi. Io sono orgoglioso del mio papà. Però, finché le persone verranno additate come degli eroi, non facciamo altro che demandare a loro il sacrificio o la problematica. Io ritengo che dobbiamo essere tutti partecipi nel quotidiano. È molto importante fare testimonianza nelle scuole. Stando da soli non si va da nessuna parte. È l’unione che fa la forza.

Tra i presenti al momento di preghiera, anche l’ex procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli. Ascoltiamo il suo commento raccolto da Marina Tomarro:RealAudioMP3

R. – Le parole che una dei familiari mi ha detto, piangendo: “Sono 20 anni che aspettiamo una manifestazione di affetto, di solidarietà, di vicinanza come questa”. 20 anni sono lunghi, ma oggi è arrivata. I familiari non possono che essere, nella loro tristezza, nel loro dolore, nel rivivere le loro tragedie, oggi felici, oggi orgogliosi perché un grande, grandissimo uomo ha detto loro che vuole loro bene. Non ha usato proprio queste parole, ma si capiva chiaramente. E questo sicuramente ai familiari delle vittime ha fatto un bene dell’anima.

D. – Cosa, lo Stato dovrebbe fare di più per evitare che succedano altre tragedie come queste?

R. – Il Papa ha indicato la via: i mafiosi sono forti anche perché sono ancora capaci – come io dico – di “rastrellare” consenso sociale, e uno dei modi con cui raccolgono, raccattano consenso sociale è anche quello di apparire animati da una certa qual religiosità. Hanno un santino in tasca, nel portafogli, sul santino – bruciandolo – giurano fedeltà all’organizzazione criminale, partecipano alle processioni, fanno parte di questa o quell’altra confraternita, sono generosi quando si tratta di fare offerte alla chiesa … e però, questa loro religiosità, sacralità è atea: non credono in ciò che esibiscono, ostentano per raccogliere consenso sociale. Vivono di prepotenza, sopraffazione, prevaricazione, violenza anche estrema, fino alle stragi, fino all’omicidio. Non hanno niente a che fare con i valori della Chiesa, con l’insegnamento della Chiesa. Il Papa ha detto: “Pentitevi, cambiate o andrete all’inferno!”. Sono cose apparentemente semplici, ma proprio nella loro semplicità di una forza … Cosa si può dire di più? Cambiate, smettetela, altrimenti è l’inferno che vi aspetta! E allora, ecco, la strada che indica Papa Francesco è: non diamo loro corda, non siamo indulgenti o anche soltanto indifferenti. Chiamiamo le cose con il loro nome. E questo vale non soltanto per la Chiesa: vale anche per lo Stato, vale anche per i politici. Bisogna incominciare dal bonificare se stessi per quanto riguarda rapporti con il malaffare, mafia compresa, che ancora caratterizzano una parte della nostra politica.

D. – Quanto è importante l’educazione delle giovani generazioni a stare lontani dalle facili ricchezze che spesso queste mafie promettono?

R. – Ragionare con i giovani sulla convenienza, sul vantaggio della legalità può essere decisivo per convincerli a resistere. Sono sirene persuasive, a volte, perché viviamo ancora una crisi economica furibonda; ma chi subisce il fascino perverso dell’illegalità e accetta questa o quell’altra offerta, perché ritiene di poter risolvere così qualche suo problema, imbocca una strada al fondo della quale c’è la morte o la galera. E con l’illegalità che prevale sulle regole, andiamo a sbattere tutti, ma proprio tutti noi!







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