Vent'anni fa l'omicidio Alpi-Hrovatin, "uccisi per farli tacere"
"Ilaria
Alpi era una giornalista che amava il suo mestiere. Aveva studiato l'arabo e si era
appassionata alle vicende del continente africano e in particolare della Somalia,
dov'era stata già sei volte prima di quell'ultimo tragico viaggio del '94. Ilaria
non si fermava davanti al pericolo pur di riuscire a raccontare una storia. Ed è probabilmente
per questo motivo che è stata uccisa". Così, Francesco Cavalli, giornalista
e scrittore, direttore del premio di giornalismo intitolato a Ilaria Alpi, autore
del libro ‘La strada di Ilaria’ (milieuedizioni), ricorda la giornalista del
tg3 uccisa con il collega operatore Miran Hrovatin, lungo una strada di Mogadiscio
in Somalia, il 20 marzo di 20 anni fa. "Ci sono stati quattro gradi di giudizio,
il lavoro di una commissione parlamentare specifica, ma il caso non è ancora chiuso",
spiega Cavalli. "E se il caso non è stato archiviato è proprio perché la giustizia
ha stabilito che Ilaria e Miran sono stati uccisi per il lavoro che stavano compiendo
e non per una semplice rapina". "Ilaria - continua - aveva sicuramente intrapreso
una pista per ricostruire il ciclo del traffico dei rifiuti tossico-nocivi tra l'Italia
e la Somalia, attraverso anche la 'mala' cooperazione che speculava sugli aiuti mandati
al Sud del mondo. Ma è stata fatta tacere perché il rischio che arrivasse in fondo
a questa storia era troppo alto". Dopo l'annuncio di richiesta della desecretazione
degli atti relativi all'omicidio Alpi-Hrovatin, da parte della presidente della Camera,
Laura Boldrini, in molti si augurano che si possa far luce sui mandanti del duplice
delitto. "Resta sempre la speranza che si possa arrivare alla verità. E dobbiamo augurarcelo
anche per il sistema giudiziario del nostro Paese", commenta l'autore de 'La strada
di Ilaria'. Rispetto alla desecretazione degli atti non mi aspetto però troppo, perché
ritengo che difficilmente si potrà arrivare fino in fondo a conoscerli tutti".
(a cura di Fabio Colagrande)