Iran: liberata Sakineh, accusata di adulterio e omicidio e condannata alla lapidazione
Sakineh Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione nel 2006 con l'accusa
di adulterio e di aver ucciso il marito, mercoledì è stata rimessa in libertà. Lo
ha annunciato l'avvocato italiano, che ha patrocinato il caso di fronte al parlamento
europeo. L'amnistia da parte delle autorità della Repubblica islamica è arrivata dopo
otto anni di carcere e una forte mobilitazione internazionale per salvare la vita
alla donna. Ma quali i motivi della decisione di Teheran? Giancarlo La Vella
ne ha parlato con Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore:
R. - Credo
che questo sia un caso che si sia chiuso proprio perché era diventato di scala internazionale
e, tra l’altro, coincide con i negoziati sul nucleare iraniano, che sono ripresi a
Vienna e che continueranno anche ad aprile. È possibile che Teheran abbia, in qualche
modo, ceduto su questo caso per dare un segnale di apertura su quello che sta accadendo
a livello internazionale.
D. - La vicenda di Sakineh è uno stimolo per operare
a tutela dei diritti umani, anche nei confronti di altri Paesi?
R. – In proposito
ci sarebbe da fare delle notazioni: la prima è che le pressioni sui diritti umani,
che sono certamente positive, si esercitano quasi sempre sull’Iran; quasi mai sento
parlare di pressioni simili esercitate, per esempio, su un Paese come l’Arabia Saudita,
dove di casi Sakineh e similari ce ne sono molti. La seconda è che sull’apertura internazionale
sui negoziati dell’Iran grava oggi forse l’incognita di Mosca: la Russia minaccia
in qualche modo di creare problemi e questo potrebbe costituire un ostacolo ancora
più grave per casi come quello di Sakineh e altre questioni simili.
D. - Come
a dire che il tema dei diritti umani lascia quasi sempre il passo di fronte agli aspetti
politici…
R. - Non c’è dubbio. C’è un’attenzione selettiva della Comunità internazionale,
nel senso che: è chiaro che l’Iran è un facile bersaglio, mentre molti altri Paesi
vengono lasciati nell’ombra, perché alleati dell’Occidente e, in qualche modo, funzionali
alla politica occidentale. Sarebbe bene che ogni tanto si accendessero i riflettori
anche su questi Paesi.
D. - Quanto può entrare in questa decisione la presenza
del presidente Rohani, un moderato?
R. - Certamente la presenza di Hassan Rohani
al governo in questo momento è fondamentale, anzi è l’architrave di quello che sta
accadendo oggi in Iran, dentro e soprattutto fuori. Il negoziato nucleare, avviato
il novembre scorso, è fondamentale, però con un’avvertenza molto chiara, che mi è
stata confermata da quasi tutti i rappresentanti ufficiali iraniani e dalla loro diplomazia:
“L’accordo deve essere firmato entro questa estate, altrimenti il dossier sul nucleare
verrà sottratto al governo Rohani e passerà nelle mani – molto meno malleabili e più
ferree – dei Pasdaran, i guardiani della rivoluzione”.