2014-03-20 12:52:00

Giovanni Paolo II e la famiglia, convegno a Roma


“Giovanni Paolo II: il Papa della famiglia”: è questo il tema del Convegno internazionale promosso dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e sulla famiglia, che si è tenuto oggi e continuerà per tutta la giornata di domani. Tra i relatori il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna e primo preside dell’Istituto, che ha spiegato il rilievo della figura del Pontefice, prossimo Santo, nell’ambito della pastorale familiare al microfono di Maura Pellegrini Rhao:

R. – Per il suo grande Magistero, che ha lasciato in eredità alla Chiesa: 134 catechesi sull’amore umano. Nessun Papa, mai, ne aveva parlato così tanto, senza poi dimenticare la “Familiaris Consortio” e altri momenti: questo continuo incontro tra la Parola di Dio, che il Papa deve testimoniare, e il cuore dell’uomo e della donna. E da questo confronto continuo, il cuore che interroga, la Parola che risponde e nello stesso tempo suscita ancora un più profondo desiderio, in questo incontro continuo - direi - ha generato il suo Magistero.

D. – Per quanto riguarda l’affermazione di Giovanni Paolo II sul matrimonio come "Sacramento di redenzione", cosa possiamo sottolineare?

R. – Giovanni Paolo II voleva dire fondamentalmente che il matrimonio redime l’amore fra l’uomo e la donna da due punti di vista: primo, perché impedisce che esso si riduca ad una sola dimensione, con il rischio che si consideri la sposa o lo sposo come un oggetto di cui fare uso; secondo, è la redenzione, perché l’amore umano porta dentro di sé un desiderio di definitività, di eternità; ci fa sentire il respiro dell’eternità, ma nello stesso tempo non si è capaci di dare una risposta a questo desiderio. Allora, il Sacramento del Matrimonio redime, perché rende l’uomo e la donna capaci di amarsi definitivamente. La riflessione cristiana ha disegnato un’area semantica dietro la parola “amore”, che è molto ricca: amore vuol dire “eros”, l’erotismo: amore vuol dire “filia”, amicizia, l’amicizia coniugale; e amore vuol dire “agape”, cioè dono gratuito, totale, definitivo di se stesso. Ora, se non si salvaguardano tutte e tre queste dimensioni, l’amore coniugale è sostanzialmente impoverito.

D. – Quanto è importante oggi ricordarsi, dal momento in cui si è sposi, di essere un’identità altra?

R. – Molto importante. Il bene della comunione coniugale non è la somma di due beni individuali, è un bene che ha in sé e per sé una sua bellezza, consistenza, preziosità, nel quale bene, poi, anche il bene dei due sposi raggiunge una sua pienezza.

(Tratto dall'archivio di radiovaticana.va)








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