Card. Scola: "Il male non è l'ultima parola sull'uomo e sulla storia"
“La Croce dice della profonda e terribile malvagità dell’uomo e dell’ancora più profonda
e tenace misericordia di Dio. Il male non è l’ultima parola sull’uomo e sulla storia.
L’ultima parola è l’amore”. Lo ha detto, l'altra sera, il card. Angelo Scola, arcivescovo
di Milano, nella catechesi della prima Via Crucis nei martedì di Quaresima. Il filo
conduttore delle quattro serate sarà “Lo spettacolo della Croce”. “Si è caricato delle
nostre sofferenze” il titolo della Via Crucis di ieri, nella quale il porporato si
è soffermato sulle prime tre Stazioni. “Il Signore, patendo e morendo sulla croce
in nostro favore, ha svelato tutta la fecondità dell’amore effettivo e oggettivo,
l’amore che non si tira mai indietro”, ha osservato il cardinale, commentando la I
Stazione.
Gesù “non ha cercato di eliminare il dolore attraverso una teoria
più completa delle altre, ma l’ha condiviso illuminandone il significato profondo:
se la vita mi è data allora chiede di essere donata”. Per l’arcivescovo, “per quanto
parlare di espiazione delle colpe del mondo possa infastidire la nostra sensibilità
post-moderna, non possiamo negare questa realtà”. “Il beato Carlo Gnocchi racconta
in un celebre scritto come i suoi mutilatini, una volta resi partecipi della forza
redentiva del dolore del Crocifisso, trovassero energia quasi sovrumana di sopportazione”,
ha aggiunto. “Per tutti la salvezza è possibile in forza della morte del Redentore”,
ha sottolineato il cardinale Scola, commentando la II Stazione. Più volte nel Nuovo
Testamento, ha ricordato il porporato, “si incontrano le espressioni 'per voi’, 'per
noi’, 'per molti’ dove la preposizione 'per’ esprime di volta in volta l’idea che
Gesù è morto al posto nostro, è morto per causa nostra, è morto in nostro favore”.
I
Padri della Chiesa hanno parlato di “un divino scambio a proposito dell’incarnazione
che giunge fino alla croce-risurrezione del Figlio di Dio”. Del resto, “questo scambio
è una realtà che si può un poco capire dall’esperienza umana universale: quale madre,
che sia veramente tale, davanti al figlio divorato dalla sofferenza, non ha implorato
di poter prendere il suo posto?”. Si tratta della “legge dell’amore: soltanto nell’esistere
per l’altro l’uomo realizza pienamente se stesso, solo nel dono di sé. Così la Croce
si rivela come la suprema manifestazione dell’amore di Dio”. “Gesù prendendo su di
Sé il dolore del mondo intero - ha aggiunto, soffermandosi sulla III Stazione -, ha
voluto chiamare ciascuno di noi ad accompagnarlo”. Cadendo sotto il peso della Croce,
“rivolge il Suo sguardo a noi e ci chiede di aiutarlo a risollevarci. La carità dei
cristiani, ogni gesto con cui fanno presente per grazia l’amore di Dio per gli uomini,
risolleva e accompagna Cristo sulla via del Calvario”. (R.P.)