Maria Falcone : "In preghiera con il Papa per trasformare il dolore delle vittime
della mafia in voglia di riscatto"
Maria Falcone, presidente della 'Fondazione Giovanni e Francesca Falcone',
sorella del magistrato assassinato dalla mafia a Capaci nel 1992 Sarò a Roma
venerdì prossimo, 21 marzo, per partecipare con Papa Francesco alla 'Veglia di preghiera
per i familiari delle vittime innocenti delle mafie', organizzata da Libera, con lo
spirito di una cattolica che vuole trovare un momento di riflessione per la propria
vita, anche se è stata una vita travagliata.
Ho incontrato Giovanni
Paolo II nel '93, quando venne ad Agrigento e pronunciò il suo indimenticabile monito
contro i mafiosi nella Valle dei Templi, un anno dopo la morte di mio fratello Giovanni.
Come cattolica praticante, incontrare di nuovo un Pontefice mi provoca una grande
emozione e mi spinge a una profonda riflessione. Come credente mi spinge a far sì
che il dolore subito non si tramuti in odio, ma in voglia di riscatto.
Sarà
anche un occasione per confermare il nostro impegno a continuare lavorare, nella scia
di Giovanni, per contrastare, dal punto di vita civile la mafia e quindi individuare
i principali responsabili dell'organizzazione. Dal punto di vista religioso sarà invece
forse un'occasione per tornare a confrontarci con il 'nodo' del perdono con cui si
confrontano coloro che subiscono un dolore del genere. Io ringrazio sempre i miei
genitori che mi hanno trasmesso una fede forte che mi ha permesso di sopportare ed
andare avanti. Io non sento odio verso chi ha ucciso Giovanni. Ma il perdono è qualcosa
che deve nascere attraverso una relazione. Non penso che a Totò Riina, Provenzano
e gli altri interessi il mio perdono. Ma se qualcuno di loro me lo chiedesse, come
occasione per aiutarli a progredire in una fase di eventuale ravvedimento e recupero,
penso che glielo darei.
L'impegno della Chiesa su questo fronte è fondamentale.
Sappiamo quanto la religione possa fare, anche a livello educativo, per diffondere
certi valori. Se sono importanti i valori civili della democrazia e della legalità,
lo sono anche quelli spirituali che spingono ad avere con gli altri un rapporto 'non
corrotto'. E' importante che gli uomini di Chiesa ribadiscano la 'scomunica' dei
mafiosi. Oltre alla condanna della giustizia civile deve essere chiaro che su di loro
pesa una condanna più grave che può valere per l'eternità.
Questa giornata
dedicata ai familiari delle vittime innocenti delle mafie è un momento di memoria
ma anche di impegno, perché altri non debbano subire quello che abbiamo subito noi.
L'impegno deve essere quello di creare una società migliore. Forse non una società
completamente immune dalla criminalità - perché come diceva Giovanni il crimine forse
non sarà mai completamente sconfitto - ma una società dove siano messe a tappeto le
grandi organizzazioni come la 'Ndrangheta, Cosa Nostra e la Camorra. Organizzazioni
che controllano il territorio del Sud Italia e costringono la popolazione a vivere
in una situazione di continua oppressione, a livello sociale ed economico.
In
Sicilia, a Palermo, sono stati fatti passi avanti importantissimi per combattere la
cultura mafiosa. Abbiamo oggi una società che si va distaccando, certo poco a poco,
ma in maniera progressiva e costante, da tutti quelli che sono i disvalori della mafiosità:
l'indifferenza, l'omertà. Anche il fenomeno del contrasto del pagamento del pizzo,
portato avanti dai giovani di 'Addio pizzo', è la dimostrazione che la società vuole
levarsi questo giogo, sottrarsi alla subordinazione all'arroganza della mafia.
La
figure di mio fratello Giovanni e del suo amico Paolo Borsellino, sono ancora così
popolari, anche per i più giovani, perché rappresentano quelle di due 'eroi buoni'
che sapevano quale sarebbe stato il loro destino. Il collaboratore di giustizia Buscetta
disse a Giovanni che dopo le sue rivelazioni sarebbe diventato una star internazionale,
ma che il suo conto con la mafia si sarebbe concluso solo con la morte. Mio fratello
sapeva di dover morire e rispose a Buscetta che dopo di lui altri magistrati avrebbero
continuato il suo lavoro. Ma è la dimostrazione che il sacrificio di Falcone e
Borsellino non capitò per caso. Fu il sacrificio di due uomini dello Stato che credevano
nelle istituzioni democratiche e sono morti per assicurare a tutta la società italiana
e trasnazionale la possibilità di scrollarsi di dosso il giogo mafioso.
Il
mio impegno con la Fondazione, il mio viaggiare e promuovere progetti di legalità,
ha l'obiettivo però di evitare che l'immagine di Giovanni Falcone sia ridotta a una
sorta di 'santino'. Non era una persona irraggiungibile, ma un uomo che possedeva
i valori della democrazia, della libertà, della giustizia. Se lui e Paolo sono
morti è stato perché la società non li ha saputi tutelare, ma i loro valori restano
e di questi valori la nostra gioventù ha bisogno. (Intervista a cura di Fabio Colagrande)