Crisi siriana: Caritas impegnata anche nell'emergenza psicologica e scolastica
La Caritas in prima linea nell’emergenza in Siria per portare, dove serve, acqua cibo
e medicine, ma anche sostegno psicologico a bambini e mamme. Avviati anche progetti
per riprendere la scolarizzazione, ferma da tre anni. Sul terreno, devastato dalla
guerra, Caritas Siria è sostenuta dalle Caritas di altri Paesi come: Italia, Usa,
Germania e Francia. Massimiliano Menichetti ha intervistato Silvio Tessari
responsabile area asiatica di Caritas Italia:
R. – Quasi un
terzo della popolazione siriana, che era di 20 milioni di abitanti, è in una situazione
di fragilità, di fuga e vittima di violenza, quindi in una situazione assolutamente
tragica.
D. – Insieme a Caritas Siria, oltre a fronteggiare le emergenze di
cibo, freddo e medicine siete impegnati anche nel sostegno psicologico, in particolare
nei confronti dei bambini e delle mamme …
R. – Certo: è un fronte di emergenza
e bisogna correre prima che sia troppo tardi per garantire almeno, nei limiti del
possibile, un minimo di riequilibrio psicologico, perché i bambini possano – nonostante
tutto – avere la speranza di una vita diversa da quella attuale, che è assolutamente
orribile.
D. – Materialmente, come state lavorando sul campo?
R. – Diciamo
che la struttura è organizzata con degli psicologi professionisti che si fanno aiutare
da un gruppo di volontari in ogni località dove c'è bisogno, proprio per insegnare
e studiare e verificare, naturalmente, il buon andamento di queste attività di cura
dell’equilibrio psicologico e le prospettive anche di speranza.
D. – La Caritas
in prima linea è al fianco dei bisognosi, di chi ha necessità. Ci sono molte zone,
però, che ancora non sono raggiunte da nessuno …
R. – Il primo problema è proprio
quello di riuscire a raggiungere i villaggi più abbandonati, e ce ne sono ancora tanti.
La realtà della Siria è peggiore di quella che noi vediamo dai rapporti, proprio perché
c’è un numero indefinito di persone che chissà come stanno! Non certamente bene …
D.
– In questo scenario, voi siete impegnati anche nei progetti di educazione: un fronte
tutt’altro che secondario …
R. – L’aspetto della mancanza di formazione scolastica
sfugge un po’ alle analisi, perché si parla di cibo, di viveri, di medicinali, di
ricoveri, delle necessità di base: di vivere e di essere curati e di avere una certa
protezione. Il fatto che da alcuni anni – da tre anni – i bambini, i giovani, gli
studenti praticamente non vadano a scuola, è una bomba a ritardo, mi verrebbe da dire,
e gli effetti li vedremo negli anni prossimi. Adesso la Caritas Siria è organizzata
in sei regioni, cioè in sei località – tra cui la capitale, naturalmente, Damasco
– e le grosse città come Aleppo, Homs, la costa eccetera; sta aiutando circa 2.300
studenti che sono una piccola percentuale – sia ben chiaro – rispetto alle necessità.
D.
– In questo caso, chi fa scuola? Come siete organizzati?
R. – Gli insegnanti
sono tutti volontari e sono gli studenti universitari, quindi non necessariamente
maestri o professori. Una nota che fa capire anche la difficoltà è che si fa scuola
di giorno, quando si può, ma di notte spesso in situazioni in cui si sta relativamente
più tranquilli in luoghi chiusi e quindi si può dare questo servizio scolastico.
D.
– Quindi, in questo contesto si cerca comunque di costruire una rete di istruzione
che possa garantire un futuro al Paese: è questa un po’ la sfida?
R. – E’ questa
la sfida e in particolare, proprio mons. Audo, il presidente del Caritas Siria, dice:
“Questo è uno dei nostri compiti più importanti, come cristiani, visto che molti se
ne sono andati. Quelli che restano devono veramente avere la consapevolezza di avere
un ruolo cruciale per restaurare la pace. Non hanno interessi nel potere, nessun obiettivo
particolare se non quello di ricostruire la società siriana.