Crimea: Russia e Usa sempre più distanti. Ue: risultato referendum illegale
Sempre più distanti la Russia e gli Stati Uniti, affiancati dall’Unione europea, sulla
crisi in Ucraina. Due giorni dopo il referendum per la secessione della Crimea da
Kiev, il capo del Cremlino Vladimir Putin ha riaffermato l’appartenenza della penisola
a Mosca, mentre il Presidente statunitense Barack Obama e la cancelliera tedesca Angela
Merkel ribadiscono l’illegittimità della consultazione. Sul terreno, intanto, sale
la tensione. Il servizio di Giada Aquilino:
Avanti con
una risposta coordinata sulla crisi in Ucraina, la secessione della Crimea e la posizione
della Russia. Lo hanno ribadito, in una telefonata, il presidente statunitense Barack
Obama e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, dopo che la Casa Bianca - a proposito
della linea di Mosca - aveva parlato di “una minaccia alla pace”. La stessa Merkel
aveva precisato poco prima che “sono sospesi” tutti i lavori di preparazione al G8
di giugno a Sochi, così come la partecipazione di Mosca. Ad esprimere la linea ufficiale
europea, i presidenti della Commissione Ue e del Consiglio europeo, Jose' Manuel Barroso
e Herman Van Rompuy: Bruxelles - hanno fatto sapere – “non riconoscerà il referendum
illegale e illegittimo della Crimea né il suo risultato”. Domani Van Rompuy incontrerà
a Mosca il presidente Vladimir Putin, il quale ha intanto affermato che “la Crimea
è sempre stata parte inscindibile dalla Russia” e ha chiesto al Parlamento una legge
ad hoc per l'ingresso della Crimea e di Sebastopoli, firmando però già l'accordo per
l’ingresso nella Federazione russa. Il ministro degli Esteri Lavrov ha intanto risposto
al capo della diplomazia statunitense John Kerry e al vicepresidente Joe Biden, sostenendo
che le sanzioni alla Russia sono “inaccettabili” e “non rimarranno prive di conseguenze”.
Sul terreno intanto fonti ucraine parlano di un soldato di Kiev ucciso in un attacco
condotto da militari russi a Simferopoli, in Crimea, tanto che le truppe ucraine sono
state autorizzate a sparare per difendersi. Della sorte della penisola ha parlato
il premier ad interim, Arseni Iatseniuk, che ha definito l'annessione della Crimea
da parte della Russia “una rapina su scala internazionale”.
Il mondo occidentale
chiede che abbiano accesso in Crimea osservatori internazionali. Fausta Speranza
ne ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali
all’Università del Salento:
R.
- Innanzitutto, dobbiamo vedere chi fa questa richiesta: se sono delle organizzazioni
internazionali, se sono degli Stati, l’Unione Europea o gli Stati Uniti, questo vuol
dire che è come dire che la Crimea è persa. Quindi si riconosce il referendum da parte
della Crimea, si riconosce - scusate la ripetizione - il riconoscimento da parte della
Russia e quindi una possibile annessione a breve. A questo punto gli osservatori internazionali
dovrebbero solo controllare che non vengano violati i diritti delle minoranze ancora
presenti in Crimea. Io a questo punto, forse, dovrei aggiungere che bisognerebbe avere
dei controllori internazionali, degli osservatori internazionali anche per le minoranze
non ucraine in Ucraina stessa.
D. - Perché davvero la situazione rischia di
sfociare in grandi tensioni?
R. - Ma certo. Questo è assolutamente uno dei
rischi in cui si può incappare. Ci sono minoranze da una parte e ci sono minoranze
dall’altra: il problema in questo momento, forse non è tanto quello che è avvenuto
- cioè il referendum e i successivi passaggi - ma quello che avverrà dopo, soprattutto
quello che Putin farà, perché ancora sul tappeto ci sono altre questioni, altri problemi
che dovrebbero essere affrontati. C’è una minoranza russa nella Moldavia - la Transnistria
- e come si comporterà lì Putin, se anche questa parte dovessero dichiararsi indipendente?
E quale sarà l’atteggiamento che gli Stati Uniti potrebbero avere o l’Unione Europea
potrebbe avere? Certo da quello che si vede sono atteggiamenti comunque relativamente
deboli: se il presidente Obama, ancora oggi e ancora ieri, dice che vede una soluzione
diplomatica alla questione, probabilmente lui non sa quello che sta vedendo e probabilmente
questo sta facendo soltanto il gioco del presidente Putin.
D. - Queste sanzioni
che valore hanno da parte degli Stati Uniti e da parte dell’Unione Europea e anche
da parte del Giappone?
R. - Al momento credo che siano simboliche e che tutti
se le aspettassero, compresi i russi stessi. La limitazione o di movimento o di movimenti
finanziari sono le prime sanzioni, ma sono soprattutto le sanzioni che non fanno male
a nessuno. Adesso bisogna vedere se c’è una chiara intenzione di muoversi ancora nell’inasprimento
di queste sanzioni. Si parla di sanzioni tipo quelle che sono state adottate nei confronti
dell’Iran. Però - attenzione - qui i casi sono totalmente diversi: i rapporti tra
Stati Uniti, Unione Europea e Iran sono completamente diversi da quelli che gli Stati
Uniti e l’Unione Europea hanno nei confronti della Russia. Quindi arrivare ad una
radicalizzazione delle sanzioni - come nel caso di Teheran - mi sembra una proposta
un po’ azzardata.
D. - L’Unione Europea sta prendendo tempo sulla questione
del G8, che potrebbe essere ridotto a G7. Ma sarebbe un gesto davvero grave!
R.
- Sarebbe grave sì, ma io lo ritengo ancora abbastanza simbolico. Credo che anche
in questo caso la Russia - Putin - abbia messo in conto una possibile esclusione al
primo giro, in maniera tale poi da prendere tempo, far - come dire - ammorbidire la
questione e poi essere probabilmente più avanti richiamata. C’è poco da fare: senza
la Russia non si può… La questione del G7 e G8 non è tanto importante, perché - come
ho già detto un’altra volta - la questione importante è sempre quella del G20: lì
ci sono degli Stati completamente diversi, le cui economie in questo momento sono
assolutamente determinati e dove vengono prese le vere decisioni.