Crimea: per Putin da sempre parte della Russia, per Kiev è e sarà dell'Ucraina
La Crimea è “da sempre parte della Russia”. A 48 ore dal referendum per la secessione
della penisola da Kiev, il capo del Cremlino Putin ha parlato così alle Camere del
Parlamento di Mosca, riunite in seduta congiunta. Immediate le reazioni dei Paesi
occidentali. Il servizio di Giada Aquilino:
Una legge
per l'ingresso della Crimea e di Sebastopoli in Russia. È quanto ha chiesto Vladimir
Putin ai due rami del Parlamento di Mosca, affermando che “la Crimea è sempre stata
parte inscindibile dalla Russia”. Firmato l'accordo per l’ingresso nella Federazione
russa, il capo del Cremlino ha poi tenuto a sottolineare che verranno rispettati i
diritti di tutte le comunità locali: "Russo, ucraino e tataro saranno le lingue ufficiali".
Quasi in contemporanea, il presidente statunitense Barack Obama ha chiesto ai Paesi
del G7 e all'Ue un incontro, la prossima settimana all'Aja, per affrontare la crisi
ucraina. Il suo vice, Joe Biden, oggi a Varsavia, ha parlato di “aggressione della
Russia alla sovranità e all’integrità del territorio” ucraino, evocando ancora una
volta sanzioni. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha precisato che “sono sospesi”
tutti i lavori di preparazione al G8 di giugno a Sochi - così come la partecipazione
di Mosca - ribadendo che il referendum di domenica scorsa, l’indipendenza della Crimea
e la sua integrazione alla Russia sono “contro il diritto internazionale”. “Condanna”
all’annessione anche da parte del presidente francese, Francois Hollande, mente il
ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha giudicato “una scelta di isolamento”
quella intrapresa dalla Russia. In questo quadro, il governo ucraino ha fatto sapere
che si riserva il diritto di “nazionalizzare qualsiasi proprietà russa”. E il presidente
ad interim Turchinov ha assicurato che la Crimea è e sarà territorio dell’Ucraina.
Il
mondo occidentale chiede che abbiano accesso in Crimea osservatori internazionali.
Fausta Speranza ne ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia
delle relazioni internazionali all’Università del Salento:
R.
- Innanzitutto, dobbiamo vedere chi fa questa richiesta: se sono delle organizzazioni
internazionali, se sono degli Stati, l’Unione Europea o gli Stati Uniti, questo vuol
dire che è come dire che la Crimea è persa. Quindi si riconosce il referendum da parte
della Crimea, si riconosce - scusate la ripetizione - il riconoscimento da parte della
Russia e quindi una possibile annessione a breve. A questo punto gli osservatori internazionali
dovrebbero solo controllare che non vengano violati i diritti delle minoranze ancora
presenti in Crimea. Io a questo punto, forse, dovrei aggiungere che bisognerebbe avere
dei controllori internazionali, degli osservatori internazionali anche per le minoranze
non ucraine in Ucraina stessa.
D. - Perché davvero la situazione rischia di
sfociare in grandi tensioni?
R. - Ma certo. Questo è assolutamente uno dei
rischi in cui si può incappare. Ci sono minoranze da una parte e ci sono minoranze
dall’altra: il problema in questo momento, forse non è tanto quello che è avvenuto
- cioè il referendum e i successivi passaggi - ma quello che avverrà dopo, soprattutto
quello che Putin farà, perché ancora sul tappeto ci sono altre questioni, altri problemi
che dovrebbero essere affrontati. C’è una minoranza russa nella Moldavia - la Transnistria
- e come si comporterà lì Putin, se anche questa parte dovessero dichiararsi indipendente?
E quale sarà l’atteggiamento che gli Stati Uniti potrebbero avere o l’Unione Europea
potrebbe avere? Certo da quello che si vede sono atteggiamenti comunque relativamente
deboli: se il presidente Obama, ancora oggi e ancora ieri, dice che vede una soluzione
diplomatica alla questione, probabilmente lui non sa quello che sta vedendo e probabilmente
questo sta facendo soltanto il gioco del presidente Putin.
D. - Queste sanzioni
che valore hanno da parte degli Stati Uniti e da parte dell’Unione Europea e anche
da parte del Giappone?
R. - Al momento credo che siano simboliche e che tutti
se le aspettassero, compresi i russi stessi. La limitazione o di movimento o di movimenti
finanziari sono le prime sanzioni, ma sono soprattutto le sanzioni che non fanno male
a nessuno. Adesso bisogna vedere se c’è una chiara intenzione di muoversi ancora nell’inasprimento
di queste sanzioni. Si parla di sanzioni tipo quelle che sono state adottate nei confronti
dell’Iran. Però - attenzione - qui i casi sono totalmente diversi: i rapporti tra
Stati Uniti, Unione Europea e Iran sono completamente diversi da quelli che gli Stati
Uniti e l’Unione Europea hanno nei confronti della Russia. Quindi arrivare ad una
radicalizzazione delle sanzioni - come nel caso di Teheran - mi sembra una proposta
un po’ azzardata.
D. - L’Unione Europea sta prendendo tempo sulla questione
del G8, che potrebbe essere ridotto a G7. Ma sarebbe un gesto davvero grave!
R.
- Sarebbe grave sì, ma io lo ritengo ancora abbastanza simbolico. Credo che anche
in questo caso la Russia - Putin - abbia messo in conto una possibile esclusione al
primo giro, in maniera tale poi da prendere tempo, far - come dire - ammorbidire la
questione e poi essere probabilmente più avanti richiamata. C’è poco da fare: senza
la Russia non si può… La questione del G7 e G8 non è tanto importante, perché - come
ho già detto un’altra volta - la questione importante è sempre quella del G20: lì
ci sono degli Stati completamente diversi, le cui economie in questo momento sono
assolutamente determinati e dove vengono prese le vere decisioni.