Strage in Nigeria, 100 morti: sullo sfondo lotte ataviche per la gestione delle terre
Nuova strage in Nigeria: tre villaggi completamente rasi al suolo, con almeno 100
vittime, nello Stato di Kaduna. Gli assalitori hanno messo a ferro e a fuoco i villaggi
a maggioranza cristiana, ma figurerebbero tra le vittime anche dei musulmani. La polizia
non ha attribuito ancora la paternità del massacro, ma alcuni degli scampati hanno
puntato il dito contro i pastori di etnia Fulani o Haussa, rivali da sempre della
popolazione nei villaggi per ciò che riguarda il controllo dei pascoli. Dunque, la
Nigeria, oltre alla campagna di terrore scatenata dagli estremisti islamici, fa i
conti in questo caso con antiche lotte etniche per la gestione delle terre. Veronica
Giacometti ha chiesto un commento ad Anna Bono, docente di Storia dei Paesi
e delle istituzioni africane all’Università di Torino:
R. – Raid molto
violenti hanno raso al suolo e ucciso decine di persone, il che si inserisce in un
continuum di conflitti tra tribù che si scontrano – questo purtroppo succede da decenni,
anzi da secoli – per il controllo delle scarse risorse economiche: pascoli, terre
fertili e le sorgenti.
D. – Oltre alle violenze degli estremisti islamici,
che vorrebbero trasformare la Nigeria in una repubblica islamica, bisogna fare i conti
anche con le tensioni etniche, religiose, le lotte per la gestione della terra…
R.
– E’ importante distinguere questi due fenomeni. Mentre Boko Haram – movimento islamista
più responsabile oramai di migliaia di morti in Nigeria – colpisce con un obiettivo
preciso, dichiarato che è quello di trasformare la Nigeria in uno Stato governato
dalla legge coranica, la sharia – e nel frattempo costringere il più possibile
la maggior parte dei cristiani che vivono nel nord a maggioranza islamica a ritornare
negli stati meridionali – qui, invece, eravamo in presenza di uno scontro tra vicini
per il controllo di risorse economiche preziosissime, che diventa più importante quando
si scontrano popolazioni dedite all’agricoltura e alla pastorizia, perché sono due
sistemi economici molto diversi con esigenze diverse.
D. – Quale potrebbe essere
un argine per queste lotte di vario tipo che si susseguono…
R. – In tutti e
due i casi, quello che servirebbe sarebbe una crescita economica, o meglio ancora,
uno sviluppo economico ed umano, perché la Nigeria cresce economicamente, anzi è il
primo produttore di petrolio di tutta l’Africa. Però, questa immensa ricchezza da
decenni non si traduce in miglioramenti, sviluppo economico e, sottolineo, sviluppo
umano. Basti pensare che circa il 70% della popolazione nigeriana tuttora vive con
meno di due dollari al giorno. Le violenze perderebbero in gran parte ragione d’essere
se migliorassero le condizioni economiche di un Paese che – è importante sottolinearlo
– continua a essere in mano a una classe dirigente, una classe politica, che ha per
caratteristica livelli di corruzione estremi.