L'Italia non supererà il 3%: così Renzi che spiega: "per il bene dei nostri figli
e non perché L'Europa lo chiede”
Francia e Italia hanno "le stesse priorità", tra cui "la necessità di un'Europa più
politica, più semplice, più chiara, che concentri la sua azioni" su "crescita e occupazione":
è quanto si legge nel documento diffuso dall'Eliseo a margine dell'incontro ieri tra
Matteo Renzi e Francois Hollande a Parigi. Nella conferenza stampa congiunta, il presidente
francese ha affermato che le riforme annunciate dal premier italiano sono necessarie
anche alla Francia. Il servizio di Fausta Speranza:
A Parigi,
nella sua prima visita in un Paese europeo, Renzi definisce la sua visione del rapporto
con l’Europa. Innanzitutto assicura con convinzione: l’Italia non supererà il tetto
del 3%. Lo fa spiegando: “l'Italia deve rispettare i propri vincoli, perchè lo deve
ai propri figli”. E afferma: l’Europa non è il nostro nemico ma il nostro partner.
Sembra fargli eco Hollande dicendo che le riforme che chiede Bruxelles vanno fatte
dall’Italia e dalla Francia: i due Paesi – dice - hanno molti punti in comune. I punti
in comune sono presto detti: crescita e disoccupazione giovanile. E a questo proposito,
concluso il vertice, Renzi è perentorio: “l’Italia sta messa peggio sul fronte della
disoccupazione giovanile, e il pacchetto di riforme dovrà vedere un passo significativo".
E annuncia: dopo questo appuntamento in cui di disoccupazione giovanile si è parlato,
il "prossimo sarà a Roma" a luglio. In generale Renzi vuole chiarire: “L'Europa è
il luogo della più grande scommessa politica che si possa fare”. E poi raccomanda:
“Rispettiamo tutti i limiti dei trattati europei ma il primo rispetto che dobbiamo
ai padri fondatori è fare dell'Europa un luogo di cittadini e di popoli e non solo
della tecnocrazia". Dunque, concretamente spiega: "Pensiamo che nel rispetto dei vincoli
dobbiamo riflettere insieme con la nuova Commissione su come l'Ue aiuterà i Paesi
membri ad insistere su crescita e lotta alla disoccupazione giovanile". Poi una considerazione
in vista delle prossime elezioni: "Siamo convinti che alle prossime europee i partiti
populisti avranno possibilità di successo se non saremo consapevoli che l'Europa deve
cambiare, lavorando insieme". Fin qui, il discorso vale per tutti i Paesi membri.
Poi una frecciata tutta italiana: “Dobbiamo essere capaci di cambiare approccio delle
istituzioni e formare una classe dirigente che veda l'Ue non come nostro nemico”.
Resta da dire che mentre il premier lasciava la Francia, in Italia Grillo, fondatore
del Movimento 5 Stelle, commentava che quelle di Renzi sono solo parole. Grillo inoltre
dichiara: "l'Europa non permetterà di cambiare le regole faremo un referendum per
uscire dall'euro".
Sulle più importanti questioni economiche Adriana
Masotti ha intervistato Leonardo Becchetti, ordinario di economia politica
all’Università Tor Vergata di Roma:
R. – Innanzitutto,
penso che il rapporto tra Italia ed Europa non debba essere quello di fare i compiti
a casa presi da una maestra, ma piuttosto ridiscutere assieme ai Paesi membri quella
che può essere la strategia migliore. In questo momento l’Unione Europea sta chiaramente
adottando una politica troppo recessiva e quindi Renzi deve assolutamente battersi
per una politica fiscale comunitaria molto più espansiva e per una politica monetaria
molto più simile a quella che sta perseguendo la Fed negli Stati Uniti, con l’obiettivo
di ridurre la disoccupazione piuttosto che guardare solamente all’inflazione.
D.
– Ma rispettare gli impegni, cioè nel nostro caso non superare il 3% nel rapporto
debito-Pil e, insieme, investire nella crescita è possibile?
R. – Io credo
che gli impegni debbano essere da entrambe le parti. Renzi dovrebbe far presente che
esiste un impegno italiano che, tra l’altro, andrebbe un pochino ridiscusso, ma esiste
anche un impegno da parte delle istituzioni comunitarie. La Banca Centrale, ad esempio,
ha l’obiettivo di tendere al 2% d’inflazione. In questo momento, l’inflazione invece
è molto inferiore e questo rende molto difficile il rispetto del nostro impegno. Infatti,
se noi dobbiamo rispettare il Fiscal compact dall’anno prossimo in poi, questo comporta
almeno due punti in più di crescita, quando l’inflazione è così bassa. Io chiederei,
quindi, un rispetto degli impegni da tutte e due le parti e, in particolare, insisterei
sul fatto che l’Unione Europea deve aumentare leggermente il proprio tasso d’inflazione
e non deve tenere il tasso di cambio così alto, cosa che svantaggia moltissimo il
tentativo di far ripartire la crescita in tutti i Paesi membri, inclusa l’Italia.
D.
– Con quale autorevolezza, con quale credibilità, secondo lei, Renzi si presenta in
Europa?
R. – Credo che sicuramente abbia dato un segno di entusiasmo, di energie.
Ovviamente deve poi dimostrare che dietro gli annunci ci sono i fatti, attraverso
la realizzazione di quello che ha promesso. Io credo, però, debba anche supportare
le proprie posizioni con le idee di economisti autorevoli, che nelle diverse parti
del mondo, hanno sostenuto che la politica europea in questo momento è troppo recessiva.
Sicuramente questi economisti autorevoli hanno curriculum più importanti di quelli
dei funzionari europei, che ora ci chiedono di fare i compiti a casa.
D. –
Tutti guardano in particolare alle reazioni della Germania. Lei che cosa si aspetta
dalla Merkel che, comunque, ha detto che quello presentato da Renzi è un piano ambizioso?
R.
– Probabilmente c’è una certa simpatia e bisogna giocare anche su questo. D’altra
parte, bisogna convincere i tedeschi che è anche loro interesse avere un’Europa con
più crescita, avere un’ Europa dove anche i Paesi del Sud hanno uno sviluppo dell’economia
migliore di quello di adesso. E trovare, quindi, quelle situazioni che noi economisti
chiamiamo “win win”, cioè quelle situazioni di miglioramenti e di riforma, dove tutti
i giocatori hanno dei vantaggi, quindi anche la Germania.
D. – Riguardo poi
all’Italia, lei che cosa si auspica, è anche lei in attesa di vedere che cosa poi
delle tante promesse si riuscirà a realizzare da parte del governo? R. – Io insisto
sul fatto che il problema dell’Italia è un problema di domanda interna, ovvero l’economia
non va avanti perché la gente non compra. Bisogna, dunque, sostenere la domanda interna
e per sostenere la domanda interna non è certo la spending review la strada migliore.
La strada migliore è quella di riqualificare la spesa e quindi bene ha fatto Renzi
a varare un programma sulla casa, un programma sulla ristrutturazione del territorio,
un programma sulla ristrutturazione degli edifici scolastici. Queste sono cose che
attivano settori ad alta intensità di lavoro e fanno ripartire l’economia. Io credo,
quindi, che la strada da seguire sia questa. Bisogna fare molta attenzione anche sul
cuneo, perché è bene rimettere i soldi nelle tasche dei cittadini, ma se questo finanziamento
del cuneo viene accompagnato da manovre che riducono la domanda pubblica, questo può
addirittura avere un saldo zero, un saldo negativo sull’espansione dell’economia.
Bisogna tener conto, fondamentalmente, di quelli che sono gli insegnamenti di Keynes
che ci dice che è soprattutto la domanda, in questo momento, ad essere molto importante,
essendo proprio la domanda interna a languire oggi.