Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica
Nella seconda domenica di Quaresima, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù
viene trasfigurato sul monte Tabor davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni. Una nube
luminosa li copre con la sua ombra. E una voce dalla nube dice:
«Questi
è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
Su
questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto
agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:
Dal deserto
– il luogo della prova, della ribellione, dove abita il tentatore, l’accusatore (I
domenica di Quaresima) – al monte della trasfigurazione, al luogo della manifestazione
di Dio, della sua rivelazione, della sua santità: ecco il cammino che questa seconda
domenica di Quaresima apre davanti a noi. Il Signore Gesù porta con sé i discepoli
Pietro, Giacomo e Giovanni, per prepararli al mistero della Pasqua e renderli suoi
testimoni. E viene trasfigurato davanti a loro: il suo Volto si illumina della gloria
divina, le sue vesti splendono del segno della vittoria pasquale. Sono presenti anche
Mosè ed Elia a dichiarare il compimento delle promesse fatte da Dio nell’Antico Testamento.
Gli apostoli “vedono” la gloria del Figlio di Dio e Pietro esclama: “Signore, è bello
per noi essere qui!” e contemplare il Volto di Dio. È la somma felicità dell’uomo:
noi siamo stati voluti e creati da Dio per stare con lui, nella sua casa, per godere
del suo volto. È un istante, poi la Nube ricopre tutto con la sua ombra e la voce
rivela: “Questi è il Figlio mio, l’amato, in Lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”.
Un “ascolto” che è obbedienza, che è desiderio di seguirlo fino alla croce, fino alla
risurrezione e alla gloria. La rivelazione che lo Spirito del Padre fa del Figlio
è un dono che viene a noi dall’”eccesso sovrabbondante della divina Bontà” (T. Federici),
che oggi ci fa Chiesa, sposa del Verbo, e ci prepara a partecipare al mistero della
sua Pasqua per entrare nell’intimità di Dio.