Incontro nazionale dei giovani in servizio civile: intervista con mons. Merisi
“Impegnate una parte della vostra giovinezza nel servizio per il bene comune”: è l’invito
rivolto da mons. Giuseppe Merisi, presidente della Caritas italiana, durante
un Convegno promosso a Genova nel giorno in cui la Chiesa ha ricordato San Massimiliano
martire, patrono degli obiettori di coscienza. Il Santo di Tebessa, nei pressi di
Cartagine, preferì essere ucciso piuttosto che impugnare le armi in guerra come gli
veniva ordinato dall'autorità imperiale romana. Ascoltiamo mons. Merisi intervistato
da Maura Pellegrini Rhao:
R. – E’ una
realtà bella, positiva. Le centinaia di ragazzi e ragazze che erano qui, a Genova,
alla Festa di San Massimiliano, un obiettore ante litteram, conferma questa
voglia di rendere una testimonianza, che si ricollega agli anni anche lontani dell’obiezione
di coscienza; poi al servizio civile su promozione pubblica delle istituzioni e poi
anche alle tante iniziative che le nostre realtà ecclesiali oggi propongono, in riferimento
appunto a questo impegno: rendere un servizio nella società civile, partendo da una
formazione sui valori e per noi sulla solidarietà che viene dal Vangelo e dalla Parabola
del Buon Samaritano.
D. – Ci può parlare dell’evoluzione del progetto?
R.
– Il punto di partenza è l’obiezione di coscienza al servizio militare e in particolare
all’uso delle armi e alla guerra. I dibattiti di allora sono noti a tutti… Oggi, nell’accettazione
che la società civile ci ha dato, siamo di fronte alla possibilità che lo Stato stesso
e le istituzioni propongano - si discute e qualcuno dice per tutti, qualcun altro
solo per chi vuole e per chi ritiene e questo è un dibattito che la società civile,
io credo, porterà a termine, o tutti o alcuni perché è una scelta libera – di impegnare
una parte della propria vita, della propria giovinezza per un servizio gratuito, al
bene comune, che diventa occasione di solidarietà nei confronti degli ultimi, dei
poveri, degli ammalati e degli emarginati. Quindi dall’obiezione di coscienza al servizio
civile propriamente detto, al servizio civile che dice impegno di solidarietà nei
confronti degli altri. A noi sembra una cosa positiva e bella, che aiuta la riflessione,
aiuta il volontariato e aiuta quelli che hanno bisogno.
D. – I giovani oggi
sono consapevoli della possibilità di questa scelta del servizio civile?
R.
– Se si riuscisse, dal punto di vista della società civile, a precisare la proposta
e il futuro di quello che attualmente ancora si chiama “servizio civile”, sarebbe
un vantaggio perché consentirebbe alla stessa società civile, alle scuole, alle università,
agli ambiti di partecipazione che interessano i giovani, di fare una proposta semplice,
chiara, fruibile da tutti. Però occorre che ci sia una proposta chiara, che venga
a conoscenza di tutti. Le comunità ecclesiali, la Caritas, le associazioni di ispirazione
cristiana certamente si impegnano e si impegneranno per far conoscere questa prospettiva,
naturalmente aiutandola con i valori, valorizzandola e aiutati anche dalla promessa
di Papa Francesco.
D. – Qual è, quindi, il reale contributo che può dare il
servizio civile alla fraternità e alla pace?
R. – Il mettersi a disposizione
con gratuità, per il bene degli altri, partendo da motivazioni forti, che – ripeto
– per noi vengono dal Vangelo e dal lavoro formativo delle nostre realtà ecclesiali
impegnate in campo giovanile. Al tempo stesso non dimenticare il valore e la promozione
della pace, che noi proponiamo anche attraverso la Marcia nazionale della Pace.