2014-03-12 14:29:53

Drammatica situazione dei siriani nei campi profughi del Libano, la solidarietà delle donne


L’emergenza umanitaria in Siria è la più grave degli ultimi 10 anni. Così Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, commentando la crisi nel Paese ancora stretto dalla morsa del conflitto tra oppositori del regime e militari. Ogni giorno, da tre anni, sono decine i morti, enorme il flusso dei profughi, molti dei quali ospitati in Libano. E proprio nel Paese dei cedri si intreccia solidarietà ed emergenza come conferma, al microfono di Massimiliano Menichetti, il prof. Aldo Morrone, direttore generale dell’Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma, appena rientrato da Beirut per una missione di assistenza internazionale:RealAudioMP3

R. – Io sono stato proprio nella periferia di Beirut: sono andato nel sud, tra Tiro e Sidone, e sono poi andato nella Valle della Bekaa. Devo dire che in ogni luogo abbiamo trovato una condizione di grande dignità ma di grande sofferenza, soprattutto per quanto riguarda il sovraffollamento e il freddo. C’è poi il grande problema dell’alimentazione: non c’è cibo per tutti. C’è il problema dell’acqua potabile e delle malattie correlate come la diarrea infantile, c’è una pesante diffusione delle malattie infettive tra i bambini, cominciando dalle malattie esantematiche, alle malattie cutanee. Poi, devo dire che c’è una malattia su cui l’Oms sta molto lavorando che è la scabbia. Mentre in Occidente è una malattia che non determina alcun problema, se non il prurito o il contagio, in queste aree può determinare delle infezioni che diventano sistemiche e possono portare alla morte. Tanto per essere molto chiari: quello che da noi può essere un banale raffreddore, una banale sindrome influenzale, qui diventa una situazione drammatica, sia per la mancanza di farmaci, sia per la mancanza di cibo e – se mi consente – di affetti e di relazioni che lì vengono spezzate.

D. – Che cosa serve nell’immediato?

R. – Serve sicuramente un investimento per le emergenze, purché l’emergenza venga governata in una prospettiva di sistema. Non possiamo, nei campi profughi, dare aiuti soltanto ai bambini siriani e non ai bambini poveri libanesi…

D. – Questo perché il Libano ha aperto le sue porte, ma è già gravato da una pesante condizione interna di povertà…

R. – Assolutamente sì! Teniamo conto che è una ospitalità pesante. In Libano, ci sono quattro milioni e mezzo di abitanti e ci sono circa un milione e 600-700 mila profughi. E’ una cifra che il Libano non può assolutamente gestire. Ecco la necessità della presenza di organizzazioni internazionali, ecco la necessità – a mio parere – di trovare una soluzione pacifica al conflitto in Siria per riportare la situazione nei confini della dignità e della pace. Adesso, poi, c’è anche un governo il Libano – dopo tanti mesi finalmente si è fatto un esecutivo di grandi alleanze – e questo può essere un elemento in più, però il Libano da solo non ce la può fare, se non c’è anche un aiuto serio, impegnativo e programmatico internazionale.

D. – Seppure in questa situazione difficile, lei ha visto tanta solidarietà…

R. – Voglio essere testimone dell’impegno delle donne libanesi, che in molte aree ospitano a casa propria, senza alcun benefit, donne e bambini siriani proprio per evitare che queste persone finiscano nei campi, con tutta la sofferenza e il dolore che poi ne consegue. Queste donne mi hanno impressionato per il loro esempio di solidarietà e per il loro gesto di grande umanità di accogliere all’interno delle loro case, già piccole e strette, altre donne con altri bambini: credo di aver visto un gesto profetico. Davvero lo ho percepito come un dono di Dio nei confronti delle altre persone e mi è sembrata una testimonianza profonda del Vangelo.







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