Il Parlamento della Crimea dichiara l'indipendenza. Yanukovic: "Sono l'unico presidente
legittimo"
“Sono l'unico presidente legittimo dell'Ucraina e tornerò a Kiev appena possibile”.
Dall’est della Russia parla il deposto presidente Viktor Iakunovich che la settimana
scorsa era stato dato in fin di vita da alcune fonti di stampa. Nessun passo indietro
dunque nelle stesse ore in cui il Parlamento della Crimea vota per l’indipendenza
dall’Ucraina e l’Unione europea annuncia la presentazione di misure commerciali a
sostegno di Kiev. Il servizio di Gabriella Ceraso
Con 78 voti a favore
su 81, il Parlamento della Crimea ha dichiarato la penisola indipendente dall’Ucraina,
un passo obbligato, ma ufficiale prima del referendum che domenica sancirà il passaggio
della Regione sotto l'egida della Federazione russa. Una vera dichiarazione di indipendenza
in virtù di quanto accaduto in Kosovo nel 2010, si legge nel comunicato dell’Assemblea
nazionale considerata comunque illegittima, come il referendum stesso, dalle autorità
di Kiev e dall. Un clima generale di violazione del diritto internazionale, spiega
Aldo Ferrari dell’Istituto di studi di politica internazionale, in cui si inseriscono
stamane anche le parole dell’ex presidente ucraino il deposto Yanukovic, che dalla
Russia rivendica il ruolo di leader anche militare e accusa Kiev di volere la guerra
civile per mano di ultranazionalisti e neofascisti. Intanto è stallo diplomatico senza
un’intesa tra Russia e Stati Uniti, mentre sul fronte europeo, all’Ucraina che chiede
protezione, risponde la Commissione Ue che presenterà oggi misure di aiuto commerciale
concreto per Kiev. In tutto questo la Crimea è sempre più isolata e assediata da miliziani
filorussi e va inesorabilmente verso la secessione prevista per domenica.
Dunque
Mosca definisce legittimo il referendum di domenica prossima sulla secessione della
Crimea da Kiev, che ribadisce la sua sovranità sulla penisola. Amedeo Lomonaco
ne ha parlato con Fabrizio Dragosei, inviato speciale del Corriere della Sera:
R. – La
diplomazia sta tentando di riprendere in mano le redini della vicenda, ma purtroppo
ci sono difficoltà a fare passi avanti. Se non si riesce a mettere in contatto diretto
Mosca con Kiev – e questo per ora non si riesce a fare – sarà difficile andare avanti.
Nel frattempo, domenica, arriva questa scadenza del referendum della Crimea, che sicuramente
porterà poi ad un fatto compiuto, che difficilmente sarà reversibile. La Crimea, che
sappiamo essere in grande maggioranza abitata da cittadini di etnia russa, voterà
sicuramente a favore dell’accorpamento con la Federazione russa. A quel punto, sarà
certamente molto difficile riuscire a fare marcia indietro. Abbiamo, quindi, veramente
pochi giorni, poche ore, perché la diplomazia riesca a riprendere in mano la situazione.
D.
– E intanto Mosca giudica legittimo il referendum, l’Ucraina invece non intende cedere
parte del proprio territorio. La via diplomatica, indicata da Stati Uniti ed Unione
Europea, in questo momento sembra una delle poche soluzioni ipotizzabili...
R.
– E’ anche ipotizzabile che si arrivi a un rimpasto di governo a Kiev, perché francamente
è anche abbastanza curioso che in questo governo nato dalla cacciata di Yanukovich
non ci sia neanche un personaggio che rappresenti la parte russofona. Io credo che
forse se a Kiev ci fosse un rimpasto di governo, se il governo accettasse di trattare
con le autorità della Crimea che hanno convocato il referendum, a quel punto questa
parte avrebbe le carte in regola per chiedere a Mosca di bloccare il referendum e
di riportare le sue truppe, che sono in Crimea, nelle basi russe previste dall’accordo
con l’Ucraina.
D. – Per la Russia il gas è realmente un’arma per ricattare
l’Occidente?
R. – Il gas russo in questo momento è un’arma abbastanza spuntata.
Certamente, l’Europa dipende dalla Russia per gran parte delle sue forniture e l’Ucraina
ancora di più. Però, siamo in primavera, le temperature sono miti e tutti i depositi,
sia quelli ucraini sia quelli dei Paesi dell’Europa centrale e occidentale – parliamo
di Italia, Germania, Repubblica Ceca e Ungheria – sono pieni di gas. Quindi, se la
Russia tagliasse le forniture, dovrebbe tagliarle veramente per un periodo molto lungo
– parliamo di mesi – per avere delle conseguenze. Si spera che la crisi non duri così
tanto.
D. – Quali effetti avrebbero le sanzioni contro la Russia?
R.
– Se effettivamente l’Occidente decidesse di varare quelle sanzioni di cui si è parlato,
cioè il congelamento dei beni di tutti i personaggi russi coinvolti nella vicenda
ucraina – e questo potrebbe coinvolgere ad esempio tutti i deputati della Duma, che
sono centinaia e hanno sicuramente parecchi "asset" fuori del loro Paese – e se ci
fosse un blocco dei visti, queste sarebbero sicuramente misure pesanti. Misure pesanti
che, però, porterebbero poi inevitabilmente a delle contromisure e certamente ad un
inasprimento veramente notevole della situazione, ad un clima non diciamo di guerra
fredda, ma sicuramente a un clima degli anni passati, che in questo momento francamente
nessuno vuole. Anche perché una volta, prima della Seconda Guerra mondiale, ci si
chiedeva se fosse il caso di morire per Danzica, perché Danzica era il nodo sul quale
si scontravano Polonia e Germania. Oggi, sicuramente in Europa e negli Stati Uniti
nessuno ha intenzione di morire per l’Ucraina. E, d’altra parte, le colpe di quanto
sta accadendo non sono così chiare e definite come si potrebbe pensare o come lo erano,
certamente, nei rapporti tra Polonia e Germania nazista. L’Ucraina non ha tutte le
ragioni, la Russia non ha tutti i torti.