Referendum in Crimea:stallo nella diplomazia. La Nato pattuglia la zona aerea
Il Referendum secessionista della Crimea di domenica prossima spacca la comunità internazionale.
La Cina chiede moderazione a Stati uniti e Europa che lo ritengono incostituzionale.
Allarmato il Segretario generale dell’Onu, mentre la Nato avvia una ricognizione aerea.
Anche Kiev non cede: domani il premier sarà alla Casa Bianca e intanto con Mosca continua
il braccio di ferro Ieri l’assedio di miliziani filorussi a una base della Marina
e ad un ospedale militare di Sinferopoli. Sul fronte della trattativa la Russia rimanda
al mittente le proposte di Washington e prepara un suo piano Il servizio di Giuseppe
D’Amato:
Sono già
apparsi nelle strade i manifesti referendari. Il governo crimeano ne ha fatto stampare
uno con il disegno della regione con una svastica sopra affianco di una penisola con
il tricolore russo e con in mezzo la parola “oppure”. Questa la scelta, insomma. “Fermiamo
il fascismo”, è lo slogan dei filo-russi.I tatari, però, non ci stanno e boicotteranno
la consultazione di domenica. Non hanno nemmeno accettato l’offerta di numerose cariche
nell’Esecutivo. Della stessa opinione dei tatari è anche la minoranza ucrainofona.
Mosca ha dato la sua disponibilità ad inviare propri osservatori al referendum, i
cui bollettini sono ora in stampa. Ed a proposito di osservatori, ma quelli militari,
l’Esecutivo di Simferopoli è adesso pronto ad accogliergli, ma che non siano tutti
di nazionalità dei Paesi della Nato. L’ospedale militare del capoluogo è stato occupato
dalle milizie filo-russe. A Bakhcisarai, a metà strada tra Simferopoli e Sebastopoli,
si è registrato un duro scontro verbale tra i soldati ucraini e filo-russi. Kiev,
intanto, si è dichiarata disponibile a concedere maggiori poteri alle regioni.
Sulla
crisi ucraina e sugli sforzi della diplomazia per trovare una soluzione, Amedeo
Lomonaco ha intervistato Fabrizio Dragosei, inviato del Corriere della
Sera:
R. – La diplomazia
sta tentando di riprendere in mano le redini della vicenda, ma purtroppo ci sono difficoltà
a fare passi avanti. Se non si riesce a mettere in contatto diretto Mosca con Kiev
– e questo per ora non si riesce a fare – sarà difficile andare avanti. Nel frattempo,
domenica, arriva questa scadenza del referendum della Crimea, che sicuramente porterà
poi ad un fatto compiuto, che difficilmente sarà reversibile. La Crimea, che sappiamo
essere in grande maggioranza abitata da cittadini di etnia russa, voterà sicuramente
a favore dell’accorpamento con la Federazione russa. A quel punto, sarà certamente
molto difficile riuscire a fare marcia indietro. Abbiamo, quindi, veramente pochi
giorni, poche ore, perché la diplomazia riesca a riprendere in mano la situazione.
D.
– E intanto Mosca giudica legittimo il referendum, l’Ucraina invece non intende cedere
parte del proprio territorio. La via diplomatica, indicata da Stati Uniti ed Unione
Europea, in questo momento sembra una delle poche soluzioni ipotizzabili...
R.
– E’ anche ipotizzabile che si arrivi a un rimpasto di governo a Kiev, perché francamente
è anche abbastanza curioso che in questo governo nato dalla cacciata di Yanukovich
non ci sia neanche un personaggio che rappresenti la parte russofona. Io credo che
forse se a Kiev ci fosse un rimpasto di governo, se il governo accettasse di trattare
con le autorità della Crimea che hanno convocato il referendum, a quel punto questa
parte avrebbe le carte in regola per chiedere a Mosca di bloccare il referendum e
di riportare le sue truppe, che sono in Crimea, nelle basi russe previste dall’accordo
con l’Ucraina.
D. – Per la Russia il gas è realmente un’arma per ricattare
l’Occidente?
R. – Il gas russo in questo momento è un’arma abbastanza spuntata.
Certamente, l’Europa dipende dalla Russia per gran parte delle sue forniture e l’Ucraina
ancora di più. Però, siamo in primavera, le temperature sono miti e tutti i depositi,
sia quelli ucraini sia quelli dei Paesi dell’Europa centrale e occidentale – parliamo
di Italia, Germania, Repubblica Ceca e Ungheria – sono pieni di gas. Quindi, se la
Russia tagliasse le forniture, dovrebbe tagliarle veramente per un periodo molto lungo
– parliamo di mesi – per avere delle conseguenze. Si spera che la crisi non duri così
tanto.
D. – Quali effetti avrebbero le sanzioni contro la Russia?
R.
– Se effettivamente l’Occidente decidesse di varare quelle sanzioni di cui si è parlato,
cioè il congelamento dei beni di tutti i personaggi russi coinvolti nella vicenda
ucraina – e questo potrebbe coinvolgere ad esempio tutti i deputati della Duma, che
sono centinaia e hanno sicuramente parecchi "asset" fuori del loro Paese – e se ci
fosse un blocco dei visti, queste sarebbero sicuramente misure pesanti. Misure pesanti
che, però, porterebbero poi inevitabilmente a delle contromisure e certamente ad un
inasprimento veramente notevole della situazione, ad un clima non diciamo di guerra
fredda, ma sicuramente a un clima degli anni passati, che in questo momento francamente
nessuno vuole. Anche perché una volta, prima della Seconda Guerra mondiale, ci si
chiedeva se fosse il caso di morire per Danzica, perché Danzica era il nodo sul quale
si scontravano Polonia e Germania. Oggi, sicuramente in Europa e negli Stati Uniti
nessuno ha intenzione di morire per l’Ucraina. E, d’altra parte, le colpe di quanto
sta accadendo non sono così chiare e definite come si potrebbe pensare o come lo erano,
certamente, nei rapporti tra Polonia e Germania nazista. L’Ucraina non ha tutte le
ragioni, la Russia non ha tutti i torti.