Mons. Xuereb: vi racconto il mio anno accanto a Papa Francesco, parroco del mondo
Ricorre domani il primo anniversario dall’elezione di Papa Francesco alla Cattedra
di Pietro. Un anno straordinario per la vita della Chiesa, un “tempo della misericordia”
come il Pontefice stesso ha più volte sottolineato. Tra le persone che più da vicino
hanno accompagnato il Santo Padre in questi dodici mesi intensissimi c’è il suo segretario
particolare, mons. Alfred Xuereb, nominato recentemente dal Papa segretario
generale della Segreteria per l’Economia del Vaticano. In questa intervista esclusiva
alla Radio Vaticana, al microfono di Alessandro Gisotti, mons. Xuereb ripercorre
questo primo anno con Francesco a partire proprio da quell’indimenticabile 13 marzo
di un anno fa:
R. – Lei mi
fa rivivere tante emozioni e anche tantissimi ricordi molto profondi: erano momenti
particolari, che sicuramente rimarranno nella Storia. Un Papa che lascia il suo Pontificato
… Dal 28 febbraio, il giorno ultimo del Pontificato di Papa Benedetto, quando abbiamo
lasciato per sempre il Palazzo Apostolico, fino al 15 marzo, quindi fino a due giorni
dopo l’elezione del nuovo Papa, io sono rimasto con il Papa emerito a Castel Gandolfo
per tenergli compagnia e anche per aiutarlo nel suo lavoro di segreteria. Il momento
del distacco da Papa Benedetto per me è stato un momento molto struggente, perché
ho avuto la fortuna di vivere per cinque anni e mezzo con lui e lasciarlo, distaccarmi
da lui è stato un momento molto difficile. Le cose erano precipitate, io non sapevo
che proprio in quel giorno avrei dovuto fare le valigie e lasciare Castel Gandolfo
e anche lasciare Papa Benedetto. Ma dal Vaticano mi chiedevano di fare in fretta,
fare le valigie e andare a Casa Santa Marta perché Papa Francesco stava persino aprendo
lui la posta, da solo: non aveva un segretario che lo aiutasse. In quella mattinata
sono passato più volte in cappella per avere lume, perché mi sentivo anche un po’
confuso. Però ero certo, avevo la netta sensazione che io fossi guidato dall’Alto
e mi rendevo conto che stava succedendo qualcosa di straordinario, anche per la mia
vita. Sono poi entrato nello studio di Papa Benedetto piangendo e, con un nodo alla
gola, ho cercato di dirgli quanto ero triste e quanto fosse difficile il mio distacco
da Lui. L’ho ringraziato per la Sua benevola paternità. Gli ho rassicurato che tutte
le esperienze vissute nel Palazzo Apostolico con lui mi hanno tanto aiutato a guardare
meglio “alle cose di lassù”. Poi mi sono inginocchiato per baciargli l’anello, che
non era più quello del Pescatore, e lui, con sguardo di paternità, di tenerezza,
come sa fare lui, si è alzato in piedi e mi ha benedetto.
D. – Che ricordo
ha del suo primo incontro con Papa Francesco?
R. – Mi ha fatto entrare nel
suo studio, mi ha accolto con la sua ormai nota cordialità, e devo dire che mi ha
fatto anche un scherzo, uno scherzo – se così posso dire – da Papa! Aveva una lettera
in mano e con tono serio mi disse: “Ah, ma qui abbiamo dei problemi, qualcuno non
ha parlato molto bene di te!”. Io ammutolii, ma poi capii che si riferiva alla lettera
che Papa Benedetto gli aveva inviato per informarlo che lui mi aveva lasciato libero
e che poteva chiamarmi al suo servizio. In questa lettera, Papa Benedetto aveva avuto
la bontà di elencare alcuni miei pregi. Poi Papa Francesco mi ha invitato a sedermi
sul divano e lui accanto a me, su una sedia. Mi ha chiesto – con molta fraternità
– di aiutarlo nel suo gravoso compito. Infine ha voluto sapere qual è il mio rapporto
con i Superiori e con altre persone di certa responsabilità. Gli ho risposto che ho
un buon rapporto con tutti, almeno per quanto mi riguarda.
D. – Cosa la colpisce
della personalità di Papa Francesco, avendo il privilegio di vivere ogni giorno accanto
a Lui?
R. - La sua determinazione. Una convinzione che sono sicuro che gli
viene dall’Alto, perché è uomo profondamente spirituale che cerca nella preghiera
l’ispirazione da Dio. Per esempio, la visita a Lampedusa lui l’ha decisa perché dopo
alcune volte che è entrato in cappella, gli è venuta in continuazione questa idea:
andare di persona a incontrare queste persone, questi naufraghi, e piangere sui morti.
E quando lui ha capito che gli venivano in mente più volte, allora è stato sicuro
che Dio la voleva. L’ha fatta, anche se non c’era molto tempo per prepararla. Lo stesso
metodo lui lo usa per la scelta delle persone che chiama a collaborare con lui da
vicino.
D. – Cosa invece la colpisce guardando al Pastore Francesco, alla sua
dimensione pubblica, a come in fondo esercita il ministero petrino?
R. – Qualcun
altro mi ha fatto una domanda simile, e rispondo dicendo che mi viene in mente spontaneamente
la figura del missionario. Quel classico missionario che parte, va tra gli indigeni
per far conoscere loro il Vangelo, Gesù Cristo …. Ecco, io vedo in Francesco il missionario
che sta chiamando a sé la folla, quella folla che magari si sente smarrita, con l’intento
di riportarla al cuore del Vangelo. E’ diventato – per così dire – il parroco del
mondo e sta incoraggiando quanti si sentono lontani dalla Chiesa a ritornare con la
certezza che troveranno il loro posto nella Chiesa. Lui vede nel clericalismo e nella
casistica dei forti ostacoli affinché tutti si possano sentire amati dalla Chiesa,
accompagnati da essa. Invece, parroci e sacerdoti ci dicono quasi quotidianamente
quante persone sono tornate alla Confessione e alla pratica della fede per l’incoraggiamento
di Papa Francesco, specialmente quando ci ricorda che Dio non si stanca mai di perdonarci.
Lui, come avete visto, ha un’attenzione speciale per i malati, e questo perché lui
vede in loro il corpo di Cristo sofferente. E dimentica completamente i suoi malanni.
Per esempio, nei primi mesi del suo Pontificato aveva un forte dolore a causa della
sciatica che si era ripresentata. I medici gli avevano consigliato di evitare di abbassarsi
ma lui, trovandosi davanti a malati in carrozzella o a bambini infermi nei loro passeggini
si china su di loro comunque e fa sentire la Sua vicinanza. Così pure, per esempio,
è successo durante la celebrazione eucaristica a Casal del Marmo la sera del Giovedì
Santo durante la lavanda dei piedi. Nonostante senz’altro il dolore che avrà sentito,
si è inginocchiato davanti a ciascuno dei dodici giovani detenuti per baciar loro
i piedi.
D. – Papa Francesco sembra instancabile, a guardarlo negli incontri,
nelle udienze… Come vive la sua quotidianità anche di lavoro, a Casa Santa Marta?
R.
– Mi creda, non perde un solo minuto! Lavora instancabilmente. E quando sente il bisogno
di prendere un momento di pausa, non è che chiude gli occhi e non fa niente: si mette
seduto e prega il Rosario. Penso che almeno tre Rosari al giorno, li prega. E mi ha
detto: “Questo mi aiuta a rilassarmi”. Poi riprende, riprende il lavoro. Riceve una
persona dopo l’altra: il personale della portineria di Santa Marta ne è testimone.
Ascolta con attenzione e ricorda con straordinaria capacità quanto sente e quanto
vede. Si dedica alla meditazione presto, la mattina, preparando anche l’omelia della
Messa a Santa Marta. Poi, scrive lettere, fa telefonate, saluta il personale che incontra
e si informa sulle loro famiglie.
D. – Uno dei doni più belli di questo primo
anno di Pontificato sono senz’altro gli incontri tra Papa Francesco e Papa Benedetto.
Lei, che è come un anello di congiunzione tra loro, cosa può dirci di questo “rapporto
fraterno”?
R. – In una recente intervista, Papa Francesco ha rivelato questo:
che lui lo consulta, chiede di sapere il suo punto di vista. Sarebbe una grande perdita
non attingere a questa grande fonte di saggezza e di esperienza! Infatti, da subito
l’ha chiamato: è come avere il nonno in casa è, come dire, avere il saggio dentro
casa. Ecco, da subito Papa Francesco ha visto questa presenza come un dono inestimabile,
simile a quel vescovo saggio appena eletto che trova un sapiente sostegno nel suo
vescovo emerito. E’ significativo – per esempio – il fatto che abbia voluto inginocchiarsi
nella cappella a Castel Gandolfo non sul suo inginocchiatoio, ma accanto a Papa Benedetto.
E poi, ha voluto la sua presenza nell’inaugurazione della statua di San Michele Arcangelo
qui, nei Giardini Vaticani … e l’ha convinto a partecipare al Concistoro che c’è stato
per i nuovi cardinali. E’ una presenza che arricchisce il Pontificato di Papa Francesco.
D.
– Da ultimo, cosa le sta dando personalmente questo servizio al Papa Francesco, dopo
aver servito da vicino Benedetto XVI e, ricordiamolo, anche Giovanni Paolo II?
R.
- Mi rendo conto che il Signore mi sta conducendo per vie veramente misteriose. Non
avrei mai immaginato di poter compiere questo tipo di servizio. Ma Dio è così. Altrimenti
siamo noi i programmatori della nostra via di santità. Io trovo un grande aiuto nella
luminosa testimonianza di affidamento a Dio che ho avuto la grazia di cogliere di
persona da Papa Giovanni Paolo II, dal Papa Emerito, Benedetto, il quale – è diventato
un modo per sorridere – ogni volta che si trovava davanti ad una situazione difficile
amava incoraggiarci dicendo: “Il Signore ci aiuterà”. Ecco, ovviamente il sostegno
sia umano che spirituale nella preghiera, che so che fa anche per me Papa Francesco,
mi è di grande conforto.