Palermo, iniziativa della diocesi per i divorziati-risposati
Un percorso di accoglienza e di ascolto che ha preso spunto dall’Esortazione Apostolica
Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II per far scoprire a separati e divorziati
in che modo poter prendere parte alla vita della Chiesa. A proporlo nell’arcidiocesi
di Palermo è l’Ufficio Pastorale per la Famiglia che ha dato vita ad un’équipe di
laici e sacerdoti allo scopo di guidare il cammino di fede di quanti hanno sperimentato
il fallimento del matrimonio. Il percorso è stato chiamato “Pozzo di Sicar”, al microfono
di Tiziana Campisi lo illustra Giuseppe Re, con la moglie tra i coordinatori
del progetto:
R. – Ci sono
due cose a cui noi teniamo in questi incontri: una è permettere a queste persone di
manifestarsi con la loro storia – purtroppo fatta anche di sofferenza, di tanta emarginazione,
certe volte – e con i loro desideri, e dall’altra quella di rinvigorire la speranza
di essere sempre figli di Dio, battezzati, e quindi di riprendere un cammino di fede
nella stessa Chiesa. Si intraprende un cammino basato tutto sulla Parola di Dio. La
Parola di Dio è veramente illuminante, scalda i cuori e fa manifestare sempre la misericordia
di Dio.
D. – Quali sono stati gli esiti di questi incontri?
R. – Sul
piano personale, queste persone sono state un po’ rinvigorite, hanno acquistato speranza,
nel cammino di fede; d’altra parte, ancora sono legati al discorso “sacramento sì
– sacramento no”, per quanto riguarda il sacramento dell’Eucaristia. Ma anche questo,
pian piano, si cerca di superarlo attraverso l’incontro con Cristo, che non è soltanto
sacramentale ma si basa sulla Parola di Dio, sulle opere di carità, sull’impegno a
continuare nella nuova unione un impegno di comunione di coppia e di educazione dei
figli.
D. – Cosa date e cosa ricevete in questi incontri?
R. – La cosa
più bella è lo scambio che c’è tra noi operatori, che annunciamo in tutti i modi la
misericordia di Dio attraverso la Sacra Scrittura, il Vangelo e annunciamo la speranza
che viene data a questi uomini e donne che nascono da un fallimento di una precedente
unione. In questa speranza noi vediamo risorgere anche la forza della fede. Dall’altra
parte, riceviamo anche la gioia di vedere che queste persone poi continuano ad avere
fede e a manifestarla nella loro nuova unione.
D. – Il “Pozzo di Sicar” è il
percorso che voi proponete per divorziati e separati. Invece, per i separati non risposati
la proposta è quella del Cammino di Santa Maria di Cana. Che cosa prevede questo cammino?
R.
– Inizia con un’accoglienza fraterna, forte, calorosa di queste persone che per una
vocazione particolare ritengono di mantenersi fedeli a questo loro primo matrimonio
e che quindi intraprendono una strada di difesa della loro precedente unione, nonostante
il fallimento. E quindi si dà un accompagnamento perché questo possa rendersi possibile
nella serenità, nell’ascolto sempre della Parola di Dio e lì anche con la comunione
eucaristica che a loro è permessa.
D. – Questi percorsi che tipo di nuove relazioni
aprono con la Chiesa?
R. – Le nuove relazioni riguardano anzitutto una nuova
mentalità che è quella da farsi con tutti gli altri, in particolare con i presbiteri
che sono interpellati a cambiare questo discorso di atteggiamento di ascolto e di
accoglienza. E poi, anche con tutte le altre coppie e famiglie che non devono temere
qualcosa che riguardi un abbassamento del livello del matrimonio. Il matrimonio per
sempre e indissolubile viene sempre annunciato come Vangelo, ma si dà la possibilità
a chi ha avuto un fallimento di avere un progetto di vita serio, anche se in un’altra
unione matrimoniale.