Giornata internazionale della donna. Napolitano: basta violenza e diritti negati
Otto marzo drammatico in Italia. Tre i femminicidi nelle ultime ore, in tutti e tre
i casi gli assassini sono i mariti. 177 le donne uccise nel 2013, un numero che è
in costante aumento. Il presidente Napolitano, nel corso di una cerimonia al Quirinale,
ha ribadito il no ai diritti negati e ammonito: "ogni forma di violenza sulle donne
è da considerare lutto collettivo". Tanti gli interventi, tanti i riconoscimenti consegnati
a donne che si sono distinte per le loro battaglie volte a contrastare le varie forme
di oppressione femminile. Cecilia Seppia
La
donna è crescita e civiltà, la donna è risorsa. Lo ha detto il presidente della Repubblica
Napolitano nel suo intervento durante la cerimonia al Quirinale, nel giorno in cui
il mondo celebra tutte le donne, nessuna esclusa. Ma le sue parole diventano un duro
monito quando ricorda che il più tragico degli aspetti della condizione femminile
oggi riguarda la violenza perpetrata dagli uomini sulle donne, che può arrivare fino
all’eliminazione fisica. "Queste uccisioni - ha detto il capo dello Stato - devono
essere considerate lutto collettivo, tragedia che colpisce i sentimenti di un’intera
nazione". Come provare a cambiare le cose? Giovanna Sorbelli presidente di
Eudonna, il Movimento femminile per l’Europa.
“Il linguaggio deve cambiare:
siamo noi che dobbiamo, in qualche modo superare la violenza, attraverso il linguaggio
e la comunicazione e la formazione e l’educazione sentimentale e spirituale nelle
scuole, e dobbiamo dare il senso, quindi, di un’educazione anche e non solo al corpo.
Attraverso questa formazione noi riusciremo a fare dei nostri uomini, dei nostri figli,
dei nostri compagni qualcosa che non ci violenti più e che non ci aggredisca più …”.
Al
centro dell’incontro anche il tema delle pari opportunità: Napolitano loda l'attuale
governo ma poi fa un richiamo severo al mondo della politica: il sessismo – ha detto
- è un virus da estirpare a cominciare dalla Rete, fino in Parlamento. Sulla stessa
linea la presidente della Camera Boldrini che torna sulle quote rosa e l’appello fatto
da 90 donne parlamentari bipartisan che chiedono il rispetto della parità nell’Italicum,
la riforma della legge elettorale in discussione a Montecitorio. "Le donne - ha detto
la Boldrini - sono la metà del Paese, dunque non è strano che vogliano essere rappresentate".
"Bisogna lavorare perché l’Italia sia il Paese per le donne" ha aggiunto il capo della
Farnesina, Mogherini. Ancora Giovanna Sorbelli:
“Onore a queste
90 parlamentari, alle quali però io rivolgo un appello: non è così che riusciamo a
farcela, perché quelle 90 parlamentari non sono state scelte dalle donne: sono state
scelte dalle direzioni maschili dei partiti. E quindi, io questo appello lo rivolgo
alle donne, alla metà della popolazione, alle cittadine: cerchiamo di costruire formazioni
a leadership femminili che ribaltino le quote e candidino più donne che uomini. Questo
è il segreto per farcela. Noi dobbiamo farcela da sole, perché abbiamo i numeri: abbiamo
la cultura, abbiamo la preparazione, lavoriamo e quindi non dobbiamo battere i pugni
tra gli uomini; dobbiamo creare una squadra rosa, coesa che serenamente ponga le proposte
sui tavoli e le faccia valere con i numeri. Allora saremo votate dalle donne. Altrimenti,
perché imporre le donne, le 'quote rosa', se poi le donne non votano 'donna'? Perché
non siamo una minoranza: siamo il 53% della popolazione! Basta solo capire che dobbiamo
allearci, cioè comprendere che la nostra, la mia forza è nella
tua presenza, nelle tue capacità, che sono
diverse dalle mie. Compenetriamole, integriamoci e facciamo in
modo che non ci sia più questa vergognosa guerra tra donne”.
Intanto, proprio
oggi i dati Eurostat ci palesano una realtà ancora fortemente intrisa di discriminazioni
e disuguaglianze: le donne nell’Ue studiano di più, ma lavorano meno degli uomini;
persiste il divario retributivo ed è donna la disoccupazione di lunga durata. Ritardi
anche sulle pensioni, poi l’eterna questione del dover rinunciare ad opportunità di
lavoro per ragioni familiari o perché si diventa madri. Servono leggi fatte da donne
per le donne, dice Giovanna Sorbelli: “E’ chiaro che le donne rimangono
indietro perché hanno i figli, e fare i figli naturalmente ci sanziona. Noi siamo
penalizzate dalla maternità che invece è un ruolo sociale che viene svolto dalla donna:
non è un lusso personale. Quindi occorrono leggi che non sanzionino la maternità,
ma che rendano possibile davvero la conciliazione tra lavoro di cura e lavoro esterno.
E, per quanto riguarda l’aspetto retributivo e la carriera, ancora qui io trovo che
si debbano fare delle leggi perché carriera e stipendio siano adeguati ad un orario
di lavoro compatibile con il ruolo biologico, irrinunciabile della maternità. E l’orario
di lavoro può essere allora di 4 ore, se riusciamo a far salvi i risultati di bilancio,
se portiamo la nostra efficienza e il nostro dinamismo anche a beneficio dell’ente
per il quale lavoriamo. Noi, in 4 ore possiamo fare miracoli, e possiamo tornare a
casa dove, altrettanto, dobbiamo essere capaci di fare il secondo miracolo. Naturalmente,
il tele-lavoro e il job-sharing faranno la loro parte”.