Malaysia: rinviato il verdetto sull'uso di "Allah" per i cristiani
Attesa inutile mercoledì di una decisione su cui i cristiani malesi contavano per
vincere una contesa che rischia di esporre i battezzati a incomprensioni e ritorsioni.
Dopo che un tribunale di grado inferiore lo scorso ottobre aveva sostenuto la richiesta
del governo di bloccare l’uso della parola “Allah” per indicare anche il Dio cristiano
nei testi in lingua malese, la Chiesa aveva chiesto una revisione del pronunciamento
che rischia, in una applicazione che i radicali islamici vorrebbero estesa a tutti
gli ambiti, di bloccare un uso antico di secoli. Oltre tutto, una questione mai apparsa
fino a pochi anni fa e oggi cavalcata dal governo per interessi politici e a sostegno
dell’identità della maggioranza malese di fede musulmana (il 60% dei 28 milioni di
abitanti, al 10% cristiani).
Sette giudici della Corte federale malese - riferisce
l'agenzia Misna - avrebbero dovuto decidere mercoledì se procedere verso un nuovo
giudizio sulla questione oppure confermare la sentenza precedente. Invece, dopo ore
di tensione, mentre all’esterno centinaia di musulmani reclamavano l’uso esclusivo
di “Allah” e mostravano striscioni in cui consigliavano a non musulmani che volessero
usare il termine di convertirsi all’Islam, i giudici hanno deciso di posporre il loro
parere. Una non-decisione che ha creato ovvia delusione tra i cristiani che in tutto
il Paese avevano accompagnato la giornata con iniziative di digiuno e di preghiera.
La
decisione di ottobre aveva rovesciato una precedente sentenza della stessa Corte che
nel 2009 si era pronunciata a favore dell’uso della parola contesa nei testi in malese
del settimanale cattolico della capitale Kuala Lumpur, The Herald. Al suo direttore,
padre Lawrence Andrew, nel 2007 il ministero dell’Interno aveva minacciato di togliere
il permesso di pubblicazione se non avesse sospeso l’uso di un vocabolo che per i
radicali islamisti rischierebbe di confondere i lettori e che potrebbe spingere i
musulmani alla conversione, non consentita e sanzionata dalla legge coranica.
Lo
stesso padre Andrew è alla testa della rivendicazione dell’uso di Allah da parte cristiana
in tutti gli ambiti di utilizzo tradizionale, inclusa la Bibbia, con il sostegno della
gerarchia cattolica ma anche di non cattolici. All’estero, oltre a varie Conferenze
episcopali cattoliche, anche il Consiglio Mondiale delle Chiese ha chiesto che venga
rispettata una tradizione antica e che non è estranea a altri Paesi di fede musulmana.
(R.P.)