Centrafrica. L'Unicef: sfollati in vertiginoso aumento, molti bambini soli
La crisi umanitaria nella Repubblica Centrafricana non si arresta e si stima che gli
sfollati potrebbero aumentare fino a 150 mila: è l’allerta dell’Unicef. Le violenze
della guerra civile costringono soprattutto donne e bambini a cercare rifugio, troppo
spesso quando hanno già subìto esperienze traumatiche. Rischio di malnutrizione, carestie
e inondazioni con la nuova stagione delle piogge vanno ad aggiungersi alle sofferenze
cui è sottoposta la popolazione. Lo spiega Andrea Iacomini, portavoce di Unicef
Italia, intervistato da Maura Pellegrini Rhao:
R. – Nella Repubblica
Centrafricana, ci sono sempre più persone che fuggono nei Paesi vicini: è un’allerta
di cui l’Unicef anche oggi parla, soprattutto per 76 mila persone. Ricordiamo che
la maggior parte sono donne e bambini che scappano dalle violenze verso il Ciad; sono
persone che hanno bisogno urgente di aiuto perché nei siti di sfollati lungo il confine
ci sono madri e bambini che hanno lasciato ogni cosa, proprio nella Repubblica Centrafricana,
per scappare e mettersi in salvo. Queste sono le notizie che ci sono arrivate proprio
oggi da questo Paese, in cui ogni settimana i nostri colleghi sul campo danno assistenza
alle persone che superano il confine con il Ciad. Molti, soprattutto i bambini, hanno
subito terribili violenze: queste sono le evidenze più gravi che abbiamo in questo
momento.
D. – Spesso i bambini arrivano ai campi profughi da soli…
R.
– Finora, sono 1.062 i bambini registrati come non accompagnati o separati dalle proprie
famiglie: questo è un fenomeno molto grave. La metà di questi, fortunatamente e grazie
alla nostra azione, sono stati riuniti; ma l’Unicef, naturalmente, lavora con le altre
autorità, con l’Oim (l’Organizzazione internazionale per le migrazioni), per assicurare
a questi bambini cure immediate, un supporto psico-sociale e soprattutto un’intensa
attività di protezione perché questi bambini sfollati spesso hanno subito esperienze
molto traumatiche. Quindi, è necessario dare una priorità a questo tipo di attività
e mettere tutti al sicuro, perché gli enormi bisogni umanitari, che naturalmente adesso
si sposteranno nel Ciad, tenderanno ad aumentare nelle prossime settimane. E non dimentichiamo
specialmente che l’arrivo della stagione delle piogge, per molti di questi siti di
sfollati che sono esposti naturalmente a inondazioni e alle malattie legate all’acqua,
creeranno ulteriori problemi. Quindi, ci sarà un deterioramento della situazione umanitaria
ed è per questo che bisogna essere pronti non soltanto ai nuovi arrivi, ma anche –
purtroppo – a possibili epidemie di colera, di morbillo, di malaria, di meningite.
Insomma, è un quadro davvero impressionante. Bisogna intervenire subito.
D.
– Inoltre, si stima il rischio di malnutrizione e carestie: come si può far fronte
a tutto questo?
R. – Intervenendo immediatamente. Cioè, oltre al Ciad ci sono
altri Paesi vicini come il Camerun, la Repubblica Democratica del Congo che sono fortemente
coinvolte dall’impatto di questa crisi e quindi proprio la stima che ci saranno 500
mila bambini sotto i cinque anni affetti da malnutrizione nel Ciad ma soprattutto
nella fascia del Sahel, non fa altro che aumentare i rischi. Bisogna intervenire,
naturalmente, perché se le poche piogge del 2013 hanno colpito in maniera significativa
la produzione agricola, a breve inizierà una stagione di carestia – si prevede da
aprile a settembre – che coinvolgerà due milioni e mezzo di persone. Quindi, ci vuole
un intervento immediato con kit di prima assistenza e cercare, soprattutto nelle fasce
più deboli e per i bambini, di intervenire con alimenti terapeutici di qualsiasi tipo.
D.
– Il governo sta cercando di arginare questa crisi?
R. – L’Unicef sta lavorando
proprio con le autorità e con il governo per cercare almeno di porre freno alla situazione
degli sfollati, oltre che naturalmente a collaborare con le altri organizzazioni internazionali,
per aumentare l’impiego di personale medico e la distribuzione di aiuti salvavita.
In questo il governo è assolutamente collaborativo. Non dimentichiamo che esiste una
guerra civile che purtroppo impatta in maniera determinante su tutta la situazione.
Non facciamo altro che invitare entrambe le parti a deporre le armi e interrompere
il conflitto in corso, perché questa della Repubblica Centrafricana, insieme a quella
del Sud Sudan, è l’emergenza del momento.