2014-03-05 15:49:54

La riforma elettorale approda in aula alla Camera. L'Ue chiede maggiori sforzi


L’Italia ha fatto progressi sui conti pubblici, ma l’aggiustamento strutturale per il 2014 appare insufficiente. A scriverlo è la Commissione europea nel rapporto su 17 Paesi dell’Unione. Il premier Renzi annuncia un pacchetto di importanti provvedimenti per la prossima settimana. Intanto la riforma elettorale approda in aula alla Camera. Il servizio di Giampiero Guadagni: RealAudioMP3

Misure choc o sprechiamo la ripresa. Matteo Renzi spinge il piede sull’acceleratore delle riforme: vanno fatte prima del semestre di presidenza europea, afferma. E dalla Sicilia annuncia per mercoledì prossimo un pacchetto di provvedimenti: riforma del lavoro, piano casa e misure per la scuola. Per l’edilizia scolastica, fa sapere intanto, ci sono 2 miliardi pronti. Il grande sforzo sarà naturalmente per l’occupazione. E’ il momento più difficile da 30 anni per chi perde il posto di lavoro, osserva il presidente del Consiglio, che oggi ha parlato del tema con imprenditori ma anche con studenti e insegnanti siciliani. Ma per il Governo si è anche ufficialmente aperta la partita della nuova legge elettorale. Montecitorio potrebbe dare il via libera in settimana all’Italicum, dopo il nuovo accordo con Berlusconi che prevede l’entrata in vigore della riforma solo alla Camera. Ma Bruxelles chiede a Roma sforzi maggiori per crescita e lavoro. I progressi fatti non sono sufficienti, scrive la Commissione europea in un rapporto che pone l'Italia assieme a Croazia e Slovenia tra i Paesi con squilibri eccessivi: su tutti, debito alto e scarsa competitività.

Al via dunque alla Camera l'esame della riforma della legge elettorale, da cui è stato stralciato l’art. 2 sulle misure relative al Senato, in base all’accordo raggiunto ieri sera tra Renzi e Berlusconi. La nuova normativa avrà dunque validità per i soli Deputati. Da una parte dunque il varo dell’ Italicum sembra più vicino, dall’altra si afferma il legame tra questo passaggio e la successiva all’abolizione del Senato. Ma non mancano le perplessità. Sentiamo al microfono di Adriana Masotti, Paolo Savarese, ordinario di Filosofia del Diritto all’Università di Teramo:RealAudioMP3

R. - Le dico sinceramente che sono molto perplesso e anche un po’ preoccupato, perché il problema elettorale è connesso all’architettura istituzionale e costituzionale. Per cui, o si riescono a condurre in maniera organica le riforme, o ci si rende conto che spostare una pedina su un punto significa dover impostare un disegno adeguato su altri punti, oppure si fanno dei danni. Un’operazione del genere potrà sopportare positivamente il vaglio costituzionale? Perché la Corte costituzionale è intervenuta su tutti e due i sistemi elettorali, ma questo è connesso ad un problema più ampio: quello della rappresentanza, cioè del rapporto tra elettori ed eletti, un rapporto che deve essere di fiducia. Per cui, intervenire soltanto parzialmente sul sistema elettorale, senza affrontare tutto il problema, mi lascia molto perplesso.

D. - Il premier però ha assicurato che poi si arriverà anche all'abolizione di questo tipo di Senato …

R. - Mi sembra un po’ come nascondersi dietro ad un dito. Insomma, credo che gli italiani comincino ad essere un pochino sospettosi di fronte a questo tipo di affermazione.

D. - Da che cosa nasce, secondo lei, questo sospetto? Che cosa può esserci dietro ad un accordo di questo tipo?

R. - Non ho idea, possono essere accordi per spartirsi magari uno 1% alla fine in sede elettorale. Ma io non andrei su questo tipo di discorso. Però quello che voglio sottolineare è che oggi la classe politica deve rendersi conto che questo è l’ultimo treno. Questo significa che siamo costretti a fare seriamente le cose per ridisegnare i meccanismi della rappresentanza, altrimenti la fiducia tra governanti e governati non si recupererà mai!

D. - Lei dice che bisognava fare la riforma elettorale contestualmente a quella del Senato?

R. - Certo, contestualmente alla riforma costituzionale, altrimenti rischia di essere, come dice il Vangelo, “mettere una pezza nuova su un vestito vecchio”.

D. - Qualcuno dice che con questa scelta di riferire la legge elettorale solo alla Camera, il Parlamento si assicura la durata della legislatura, nel senso che comunque non si potrà andare a votare fino a quando non ci sarà poi anche il completamento delle riforme …

R. - Ma si rende conto che questo è un argomento di brevissimo respiro? Non ha nulla a che vedere con una seria volontà di riformare le cose, e soprattutto di riformarle in favore del ripristino di un rapporto – ripeto – di fiducia tra elettori ed eletti.

D. – Quale sarebbe stato allora il suo auspicio?

R. – Avrei semplicemente auspicato che non si fosse posto il problema di disunire il Senato dalla Camera e che si fosse andati o verso la riforma dell’architettura costituzionale o al voto, chiedendo lì la legittimazione a modificare la Costituzione: si va al voto e chi vince si prende le responsabilità.

D. – Le responsabilità delle riforme …

R. – Certo, o l’una o l’altra! Che facciamo? Tentiamo di fare una mezza riforma e togliamo una ruota alla bicicletta mentre camminiamo? Come cittadino sono perplesso, per non dire altre cose, perché di fronte alla situazione del Paese che tutti conosciamo, alle tante sofferenze, alle tante difficoltà, temo che si continui a ragionare e ad essere prigionieri di piccoli giochi di potere, di piccole debolezze che cercano di mettersi insieme per ottenere un risultato. Ma così l’Italia non viene aiutata ad uscire dalla crisi che non è solo economica, ma culturale e politica.







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