2014-03-05 14:12:38

Il card. Tauran in Benin: identità e ascolto alla base di un dialogo vero


Il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha concluso ieri un viaggio di quattro giorni in Benin, dove è giunto domenica scorsa. Il porporato ha incontrato i rappresentanti delle commissioni episcopali nazionali per il dialogo interreligioso nell’Africa dell’Ovest, ma anche rappresentanti delle religioni tradizionali, molto presenti nel Paese. Olivier Bonnel ha chiesto al card. Tauran, raggiunto telefonicamente a Cotounou, come il Benin possa essere modello di coesistenza per i suoi vicini:

R. – Le Benin, c’est un pays qui…
Il Benin è un Paese che non ha mai conosciuto la guerra, e questo è già molto positivo. I beninesi vivono in una società abbastanza armoniosa, comunque molto sensibile al dialogo interreligioso. Abbiamo avuto incontri con i rappresentanti delle commissioni pastorali nazionali per il dialogo interreligioso nella francofona Africa dell’Ovest. Lunedì siamo stati ricevuti in udienza dal presidente della Repubblica che poi è venuto ad assistere al mio intervento, nel quale ovviamente ho parlato della libertà religiosa. Ho ricordato che quattro sono le condizioni perché si possa parlare di un vero dialogo: bisogna avere una idea chiara della propria religione, andare al di là delle generalità, utilizzare un linguaggio comune e comprensibile, dare prova di onestà nella presentazione della propria posizione e volere fare del proprio meglio per comprendere il punto di vista dell’altro. Mi sembra che il mio messaggio sia stato ben accolto. In seguito, nel pomeriggio, ci siamo incontrati con i vescovi. Ieri mattina abbiamo incontrato i capi religiosi delle religioni tradizionali e questo incontro è stato molto importante perché, in effetti, lo scopo del mio viaggio era giustamente quello di scoprire un po’ queste religioni tradizionali dell’Africa e restituire all’uomo africano la sua vera dimensione.

D. - Che avete scoperto di queste religioni tradizionali?

R. – D’abord, il est très difficile…
Innanzitutto è molto difficile comprenderne il vero contenuto perché c’è un aspetto misterioso e c’è un rito di iniziazione. Ciò che ho percepito, è che per gli adepti di questa religione, tutta la vita, tutti gli avvenimenti, sono sovrannaturali. In pratica si è “avvolti” da Dio. C’è forse una sorta di panteismo, non so. Ad ogni modo, questa è la mia prima impressione: niente è profano, tutto è sacro.

D. - Sappiamo che il Benin, anche se è un Paese stabile, vive circondato da Paesi molto meno stabili. Lei ha percepito qualche preoccupazione nei suoi interlocutori?

R. – No, mais en parlant…
No, ma parlando a lungo con il ministro degli Esteri e il presidente della Repubblica, ho capito che sorvegliano bene i loro confini.

D. - In cosa il rafforzamento del dialogo interreligioso è essenziale e necessario per la stabilità, anche politica, di un Paese e in particolare del Benin?

R. – C’est très simple, on ne peut pas…
E’ molto semplice, non si può essere felici gli uni senza gli altri e certamente non gli uni contro gli altri: tutto qui. Il dialogo interreligioso che qui esiste mi ha veramente molto ben impressionato. C’è stato un dibattito molto aperto e leale con i rappresentanti delle religioni tradizionali. C’è grande stima nei confronti della Chiesa cattolica, e allo stesso tempo la Chiesa sa farsi vicina agli altri. Credo che la mia visita abbia potuto contribuire a rafforzare questa filosofia delle relazioni umane.

D. - Questa filosofia positiva, questo equilibrio beninese, possono essere positivamente contagiosi per i Paesi vicini?

R. – J’espère, c’est d’ailleurs…
Lo spero! Del resto, è quello che ho detto quando sono arrivato: se il male è contagioso, speriamo che il bene lo è a più forte ragione!

Ultimo aggiornamento: 6 marzo







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