Cina: economia e difesa al centro del Congresso Popolare del Popolo
Con l’inaugurazione ufficiale ieri mattina e il discorso del premier Li Keqiang, sono
iniziati i lavori della seconda sezione del 12° Congresso nazionale del popolo. Quello
che in Cina è l’equivalente di un parlamento unicamerale, sebbene con pochi poteri
oltre a quello di approvare formalmente le azioni decise dagli alti vertici del Partito
comunista e da organismi più ristretti dello stesso congresso, ha radunato nella Grande
sala del popolo a Pechino i quasi 3.000 membri della maggiore assise del potere cinese.
Un
evento atteso, in particolare, per fare il punto sul primo anno della leadership decennale
che ha nel Presidente Xi Jinping e nel premier Li Keqiang gli esponenti di punta di
un sistema di governo che è fotocopia di quello del partito comunista, dove Xi e Li
hanno rispettivamente il ruolo di segretario generale e di membro del Comitato permanente
dell’Ufficio politico del partito.
Molti i punti affrontati dal primo ministro
- riferisce l'agenzia Misna - data la complessità di un Paese non solo vasto e complesso,
ma anche di una realtà in evoluzione da uno sviluppo rapido e pressoché incontrollato
verso una economia matura con un ruolo anche internazionale più responsabile. Tra
i nove campi di maggiore impegno per il governo sono stati segnalati la ristrutturazione
dell’economia, la lotta alla corruzione e agli sprechi, lo sviluppo di are di libero
scambio, profonde riforme finanziarie e lotta all’inquinamento, soprattutto dell’aria,
sviluppo dell’apparato militare.
Economia al centro, con l’ammissione delle
relative difficoltà dovute alle ripercussioni della crisi internazionale e le molte
anomalie del sistema economico-finanziario cinese, immaturo in molti aspetti e sottoposto
più di altri a un sistema bancario “ombra” che ha dato ampie potenzialità finora agli
investitori con pochi scrupoli ma che rischia di travolgere l’economia reale, prosciugare
le risorse del Paese e esporlo a una grave crisi. L’obiettivo di crescita per il 2014
è stato posto al 7,5%, sostanzialmente equivalente a quello dell’anno che si è chiuso,
utile a raffreddare l’economia, ma allo stesso tempo non sufficiente alle necessità
del Paese se non è accompagnato da provvedimenti che stimolino, ad esempio, i consumi
interni, frenino le speculazioni su terreni e case, migliorino i livelli occupazionali
(disoccupazione non oltre il 4,6%) e di reddito. Tra le conseguenze dello sviluppo,
ma anche di una politica poco attenta finora alla qualità della vita, dal discorso
di Li è uscito un impegno forte nella lotta all’inquinamento, che anche nell’inverno
in corso ha visto fenomeni gravi, in particolare per le maggiori metropoli inclusa
la capitale.
Infine, l’annuncio di un incremento del 12,2% del bilancio militare,
secondo solo a quello Usa, previsto a 131,57 miliardi di dollari. Per il quarto anno
con un’espansione superiore al 10% e ormai attorno al 9% del bilancio complessivo
dello stato. Inevitabile impatto sui rapporti con i Paesi vicini, a partire dal Giappone,
ma anche con altre nazioni con cui Pechino ha contenziosi territoriali aperti e, infine,
con le strategie americane in Asia meridionale e Estremo Oriente. Lo scopo espresso
dal premier cinese del nuovo consistente aumento di fondi destinati alla difesa è
di “aumentare la natura rivoluzionaria delle forze armate, modernizzarle ulteriormente,
accrescere la loro efficacia e continuare a migliorare la loro capacità di dissuasione
e di combattimento nell’era informatica”. (R.P.)