Cerimonia di apertura del 27.mo Capitolo generale dei Salesiani
Alla presenza di numerose autorità ecclesiastiche e religiose, ha avuto luogo lunedì
mattina, la solenne cerimonia d’apertura del Capitolo Generale della Congregazione
Salesiana (CG27). Nel messaggio di apertura il Rettor Maggiore, Don Pascual Chávez,
ha spiegato: “ci preoccupa non il futuro della Congregazione, quasi fosse una questione
di sopravvivenza, quanto la nostra capacità di profezia”. Come primo atto: la liturgia
d’invocazione dello Spirito Santo. Quindi è stato intronizzato il Vangelo, di cui
è stato letto un passo (Gv 21, 20.22-24) ed è stato recitato l’articolo delle Costituzioni
che descrive il Capitolo Generale; quindi tutta l’assemblea ha innalzato dapprima
una preghiera a Don Bosco, poi il canto Veni, Creator Spiritus.
Immediatamente
dopo Don Chávez ha tenuto il discorso d’apertura: “la Congregazione – ha ricordato
– è chiamata in questo Capitolo a rinnovarsi in forma tale da avere la freschezza
delle origini, lo slancio missionario della sua adolescenza, il dinamismo della sua
gioventù, la santità della sua maturità”. Essa si presenta unita, ma “l’unità della
Congregazione non significa uniformità. È evidente pertanto che il Capitolo deve aprire
le porte ad una discussione che tenga conto di tutti questi elementi. Tutti sono liberi
di esprimere i loro pensieri circa il compito della Congregazione oggi e a riguardo
delle sfide più urgenti. Allo stesso tempo tutte le proposte devono ritrovarsi nella
linea e nello spirito del Vangelo, nella fedeltà a quanto ci indicano le Costituzioni.
Certamente leggi e tradizioni, che sono puramente accidentali, possono essere cambiate,
ma non ogni cambiamento significa progresso. Bisogna discernere se tali cambiamenti
contribuiscano veramente a riaffermare l’identità, a rinsaldare l’unità, a promuovere
la vitalità, la santità della Congregazione”.
Ogni Capitolo costituisce una
tappa importante che proietta la Congregazione verso un nuovo sessennio. Ma “il CG27
– sottolinea Don Chávez – punta a qualcosa di nuovo e di inedito. Ci spinge l’urgenza
della radicalità evangelica. Siamo chiamati a tornare all’essenziale, ad essere una
Congregazione povera per i poveri, e a ritrovare ispirazione dalla stessa passione
apostolica di Don Bosco.” Prima di concludere, il Rettor Maggiore ha ringraziato i
Consiglieri per la collaborazione leale, generosa e qualificata e invitato l’assemblea
ad una presenza attiva: “A tutti voi, carissimi confratelli, dunque la parola, ma
anche l’invito ad aprire il cuore allo Spirito, il grande Maestro interiore che ci
guida sempre verso la verità e la pienezza di vita”.
Il cardinale João Braz
de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società
di Vita Apostolica, nel suo intervento ha preso spunto dalla Lettera di convocazione
del Rettor Maggiore Don Chávez, nella quale ci si domanda: “quale vita consacrata
è necessaria e significativa per il mondo di oggi?” e ha sintetizzato la risposta
nell’espressione: "vivere la profezia della comunione e della fraternità". Si tratta
di passare dalla sequela Christi individuale alla sequela Christi comunitaria, e,
parafrasando Santa Teresa d’Avila, costruire oltre il “castello interiore” anche il
“castello esteriore”: andare a Dio insieme ai fratelli e le sorelle. Spiritualità
di comunione sul modello della Trinità: ecco il paradigma per la realtà odierna nella
quale si è chiamati a essere costruttori di comunità oltre che consumatori. Per rendere
concreto ogni giorno lo “spirito di famiglia” - ha sottolineato il card. Braz de Aviz
- caratteristico dell’esperienza educativa e spirituale di Don Bosco. (R.P.)