Belgio: Re Filippo firma la legge sull'eutanasia per i minori, ignorate le cure palliative
Con la firma di re Filippo, il Belgio è il primo Paese a legalizzare l’eutanasia per
i minorenni senza limiti di età. A nulla sono valse le 210 mila firme raccolte on
line in tutto il mondo. Secondo il provvedimento, d’ora in avanti potrà essere praticata
l'eutanasia a quei minori, che si trovano di fronte a "sofferenze fisiche insopportabili
e inguaribili, in fase terminale", se richiesta da loro stessi e "con l'accordo dei
genitori" e di un medico. Uno psicologo dovrà certificare la "capacità di giudizio"
del bambino. “Anziché restare accanto ai genitori disperati e ai bambini sofferenti
si è scelta la via più breve”, dichiara Ferdinando Cancelli, chef de clinique
nel servizio di Medicina Palliativa dell’Ospedale di Bellerive di Ginevra. Paolo
Ondarza lo ha intervistato:
R. – Il mondo
delle cure palliative ha reagito in modo unanime, sconvolto di fronte ad un provvedimento
di questo tipo che pone il Belgio ad essere il primo Paese al mondo ad avere una legge
di questo tipo, ancora prima dell’Olanda – perché l’Olanda ha fissato un tetto di
età a 12 anni. Si può solo dire che chi ha approvato questa legge, probabilmente conosce
anche molto poco tutte le possibilità che la medicina palliativa oggi offre per stare
accanto ai bambini, in particolare, affetti da una malattia terminale oppure dalle
conseguenze causate da un incidente … La medicina palliativa offre molti strumenti:
anche di fronte a quelle che la legge definisce “le sofferenze fisiche insopportabili
e non lenibili”, si può comunque mettere in atto una sedazione palliativa che, senza
abbreviare la vita del paziente – in questo caso, del piccolo paziente – concorre
ad annullarne praticamente la sofferenza. Secondariamente, è molto più difficile pensare
che uno psicologo e un medico possano accollarsi il compito di stabilire la capacità
di intendere e di volere di un paziente già estremamente provato e sofferente, per
di più – e questa è forse la cosa più grave – con l’assenso dei genitori.
D.
– E’ questo l’aspetto più inquietante che, a detta di molti, sembra capovolgere la
logica della vita che lega un genitore ad un figlio …
R. – Ma certo! Giustamente,
i responsabili religiosi in Belgio definiscono questo un atto – cito testualmente
– “che non solamente uccide, ma distrugge un po’ alla volta i legami che esistono
nella nostra società”. Credo proprio che consentire l’uccisione del proprio figlio,
effettivamente sia una cosa che rischia di scardinare proprio dal di dentro uno dei
legami più forti della famiglia umana. Quindi, è un qualcosa che va anche ben al di
là della medicina: direi che ha anche ricadute sociali e umane imprevedibili.
D.
– Lei, da esperto, scrive: “Anziché restare accanto ai genitori disperati e ai bambini
sofferenti, la politica ha scelto la via più breve” …
R. – Perché l’eutanasia
– o il suicidio assistito – sono sempre la via più breve. Ci rendiamo conto perfettamente
che la sofferenza umana rimarrà comunque qualcosa di ineludibile, ma sicuramente l’abbreviare
le cose in questo modo non offre la possibilità e il tempo, a nessuno, per riuscire
a far fronte alla situazione. E’ veramente una scorciatoia pericolosa, tra l’altro
una scorciatoia che la medicina non dovrebbe mai offrire, in quanto comunque il dare
la morte non rientra assolutamente nei compiti del medico.
D. – E le cure palliative,
nella sua esperienza, rappresentano una importante via da percorrere in un momento
drammatico come quello che può vivere una famiglia con un bambino malato in fase terminale?
R.
– Noi abbiamo rilevato che, effettivamente, le domande di eutanasia – quindi, le domande
di morte – sono molto più rare nei reparti di medicina palliativa che non negli altri
reparti. Questo è un dato che interroga molto: ci suggerisce che effettivamente, quando
per il malato facciamo tutto quello che si può fare – dal punto di vista medico, quindi
farmacologico, assistenziale, infermieristico, psicologico, dal punto di vista dell’assistenza
spirituale, del volontariato – cala drasticamente il numero di richieste di morire
in anticipo.
D. – Chi muove delle critiche a questo provvedimento sostiene
che questa legge è frutto più di un accanimento ideologico che di una reale, sostanziale
domanda di ricorso all’eutanasia per minori …
R. – Assolutamente sì. Ma questo
è un dato che noi rileviamo in tutti i Paesi – io in questo momento sto lavorando
in Svizzera – e dappertutto è sotto gli occhi dei professionisti un accanimento di
tipo mediatico che tende a distorcere i dati, a partire dai questionari che vengono
somministrati alla popolazione. Perché, quando in un questionario si chiede alla popolazione
se si preferisce vivere tra atroci sofferenze oppure accedere all’eutanasia o al suicidio
assistito, probabilmente anche io sceglierei di avere la vita abbreviata, di fronte
ad un’alternativa così terribile; viene ignorata del tutto la strada delle cure palliative.