Pakistan: cristiani e società civile celebrano Shahbaz Bhatti a tre anni dall'attentato
In un clima di violenza e terrore che ha colpito anche la capitale, domenica la società
civile e la comunità cristiana hanno reso omaggio alla memoria del "martire" Shahbaz
Bhatti, nel terzo anniversario del suo assassinio. Il ministro per le Minoranze religiose
- nel precedente governo guidato dal Partito popolare pakistano (Ppp) - è stato assassinato
il 2 marzo 2011 a Islamabad, a due mesi di distanza dal governatore del Punjab Salman
Taseer. Egli è finito nel mirino degli estremisti islamici - riporta l'agenzia AsiaNews
- per aver chiesto una modifica alle leggi sulla blasfemia e difeso Asia Bibi, la
donna madre di cinque figli condannata a morte in base alla "legge nera" e da oltre
quattro anni in attesa di appello.
Attivisti e semplici fedeli si sono riuniti
attorno al monumento dedicato a Bhatti, situato nel settore I8/3 di Islamabad, residenza
del politico. Oltre a essere il primo cattolico a ricoprire la carica di ministro
in un Paese a larghissima maggioranza islamica sunnita, egli si è distinto anche nel
settore dell'attivismo fondando il Fronte di liberazione cristiano e la All Pakistan
Minorities Alliance (Apma), oggi presieduta dal fratello Paul che ne ha raccolto l'eredità
politica e spirituale. Fin da ragazzo Shahbaz ha combattuto a fianco degli emarginati
e degli oppressi, affiancando figure prestigiose e autorevoli della comunità cristiana
pakistana quali il vescovo John Joseph e l'ufficiale dell'esercito Cecil Chaudhry,
egli non ha mai abbandonato la lotta, nonostante i pericoli e le minacce che lo hanno
accompagnato a lungo nell'ultima parte della sua avventura politica e istituzionale.
Fra i traguardi più importanti raggiunti nel corso della sua battaglia politica e
sociale, la creazione del ministero per l'armonia nazionale, la rappresentatività
delle minoranze in Senato e la creazione di un 5% di quote riservate alle minoranze
nel pubblico impiego e nello Stato.
Domenica mattina i fedeli hanno celebrato
una funzione particolare a Khushpur, villaggio natale (a maggioranza cattolica) della
famiglia Bhatti; in centinaia hanno aderito all'iniziativa, per rendere omaggio al
politico cattolico e ricordare il suo sacrificio a servizio della comunità. Alla cerimonia
erano presenti anche ex colleghi e compagni di Shahbaz. I vertici di Apma hanno invece
organizzato una cerimonia pubblica davanti al memoriale di Shahbaz Bhatti a Islamabad,
durante il quale l'attuale presidente Paul Bhatti ha letto un messaggio in cui sottolinea
l'importanza dell'armonia confessionale. Egli si è inoltre rivolto al governo, chiedendo
di rafforzare l'impegno per la convivenza pacifica, in un periodo "cruciale" per la
storia del Pakistan. Infine, Paul ha assicurato di voler continuare - nonostante le
recenti minacce - il lavoro di Shahbaz e di Apma per "l'armonia nazionale". I partecipanti
hanno acceso una candela in ricordo e hanno pregato davanti al monumento dedicato
al ministro. Robinson Asghar, stretto collaboratore della famiglia Bhatti, ha ricordato
i momenti terribili dell'attentato, rilanciato l'impegno politico-sociale di Shahbaz
e invitato la comunità a pregare e restare unita. (R.P.)
Massimiliano Menichetti,
ha intervistato lo stesso Paul Bhatti, oggi politico pakistano impegnato in prima
linea nel rispetto delle minoranze nel Paese:
R. - Mio fratello,
Shahbaz Bhatti, ha lasciato una eredità difficile e molto significativa. La situazione
in Pakistan presenta un incremento di estremismo, terrorismo e fanatismo e mio fratello,
già anni fa, lo prevedeva. Per questo, ha cominciato a parlare di dialogo interreligioso,
ha cominciato a parlare di unità fra tutte le diverse fedi. In maniera particolare,
lui è stato molto vicino ai più deboli e ai più poveri.
D. - Oggi, questo
suo pensiero da chi è accolto?
R. - Non solo dalle persone che gli volevano
bene, dai suoi seguaci, ma anche dal governo pakistano, anche dai militari. Adesso
si è arrivati alla conclusione che questo estremismo, questo fanatismo, vada assolutamente
combattuto perché altrimenti non ci sarà sopravvivenza.
D. - Uno dei fronti
di lavoro di suo fratello era la tutela delle minoranze, la corretta applicazione
della legge sulla blasfemia. Anche lei è molto impegnato su questo fronte: qual è
adesso la situazione?
R. - La situazione delle minoranze è direttamente proporzionale
alla situazione generale del Paese. Attualmente il Paese è in stato guerra, in un
certo senso. E la priorità del governo è ora creare un Paese pacifico, un Paese stabile.
Il governo riconosce il fatto che le minoranze debbano essere tutelate. E su questa
legge siamo abbastanza avanti, anche a livello di consensi di molti leader musulmani
e anche avvocati islamici di un certo livello sono con noi. Credono che questa tutela
non solo dovrebbe essere data ai cittadini pakistani, ma che faccia parte del loro
credo religioso, dell’Islam: le minoranze devono essere tutelate in tutti i sensi.
C’è quindi un buono consenso e io penso che l’anno prossimo vedremo dei risultati
abbastanza concreti.
D. - Ricordiamo ancora una volta il caso di Asia Bibi:
lei rimane in carcere dal 2009 e su di lei c’è un’accusa per blasfemia, con una condanna
a morte… L’ultima udienza, per il ricorso, è stata ancora rinviata. Qual è il punto
su questo caso?
R. - Chiaramente lei è vittima, come tantissimi altri, di questa
legge e di come questa legge sia stata usata scorrettamente. Poi lei, poveretta, è
analfabeta e non sapeva neanche cosa dicesse il Corano. Recentemente, abbiamo preso
in mano noi la situazione, anche se non del tutto, perché prima il caso veniva da
altri… La sua famiglia, suo marito e i suoi bambini sono venuti due mesi fa da me.
Ho contattato alcuni avvocati, ho parlato anche con dei leader religiosi e con tanta
altra gente e sembra ora che questa vicenda andrà a buon fine. Ci stiamo interessando.
D.
- Il Pakistan in questi mesi è flagellato dagli attacchi dei terroristi, ma la popolazione
come vive questa situazione?
R. - Ci sono sentimenti di timore, di tristezza
e di delusione. Nello stesso momento, però, tutta la gente del Pakistan vuole che
questa filosofia radicale venga eliminata, in tutti i sensi. Nessuno vuole più sopportare
tutto questo.
D. - Si riuscirà a sconfiggere l’estremismo e il terrorismo,
secondo lei?
R. - Io sono molto ottimista, quindi sì. Abbiamo fatto sacrifici,
abbiamo avuto momenti anche difficili, abbiamo sacrificato anche la famiglia. Però,
io penso che il risultato di questi nostri sacrifici verrà.
D. - In certo qual
modo, lei ha raccolto la sfida di suo fratello: qual è la sfida che è presente in
questo terzo anniversario?
R. - Creare una convivenza pacifica in Pakistan.
Creare una giustizia sociale e diritti uguali per tutti e non solo per i cristiani:
anche una persona che non crede, noi la vogliamo difendere, perché è un diritto di
base di ogni essere umano quello di credere o non credere e di conseguenza di professare
la propria religione, secondo la propria convinzione personale. Questo è quello che
noi vogliamo in Pakistan. E’ per questo che io sto combattendo: giustizia sociale,
diritti uguali per tutti e libertà religiosa.