Pakistan: 3 anni fa veniva ucciso Shahbaz Bhatti. Paul Bhatti: lotto per Paese pacificato
In Pakistan almeno 5 miliziani uccisi per alcuni raid aerei dell'aviazione contro
postazioni dei terroristi islamici nel nord ovest del paese. L'operazione avviene
all'indomani dell'attentato contro la scorta di team antipollio che ha provocato 12
morti. Il tutto mentre ieri ricorreva il terzo anniversario della morte di Shahbaz
Bhatti, il ministro cattolico per le Minoranze, ucciso tre anni fa a Islamabad dai
terroristi islamici. Tante le iniziative di preghiera nel mondo. Ieri alle 16, presso
la Chiesa romana di Gesù e Maria, si è tenuta una Messa voluta dall’Associazione dei
pakistani cristiani in Italia e la Federazione delle associazioni dei pakistani cristiani.
Massimiliano Menichetti ha intervistato Paul Bhatti, fratello di Shahbaz,
oggi politico pakistano impegnato in prima linea nel rispetto delle minoranze nel
Paese:
R. - Mio fratello,
Shahbaz Bhatti, ha lasciato una eredità difficile e molto significativa. La situazione
in Pakistan presenta un incremento di estremismo, terrorismo e fanatismo e mio fratello,
già anni fa, lo prevedeva. Per questo, ha cominciato a parlare di dialogo interreligioso,
ha cominciato a parlare di unità fra tutte le diverse fedi. In maniera particolare,
lui è stato molto vicino ai più deboli e ai più poveri.
D. - Oggi, questo
suo pensiero da chi è accolto?
R. - Non solo dalle persone che gli volevano
bene, dai suoi seguaci, ma anche dal governo pakistano, anche dai militari. Adesso
si è arrivati alla conclusione che questo estremismo, questo fanatismo, vada assolutamente
combattuto perché altrimenti non ci sarà sopravvivenza.
D. - Uno dei fronti
di lavoro di suo fratello era la tutela delle minoranze, la corretta applicazione
della legge sulla blasfemia. Anche lei è molto impegnato su questo fronte: qual è
adesso la situazione?
R. - La situazione delle minoranze è direttamente proporzionale
alla situazione generale del Paese. Attualmente il Paese è in stato guerra, in un
certo senso. E la priorità del governo è ora creare un Paese pacifico, un Paese stabile.
Il governo riconosce il fatto che le minoranze debbano essere tutelate. E su questa
legge siamo abbastanza avanti, anche a livello di consensi di molti leader musulmani
e anche avvocati islamici di un certo livello sono con noi. Credono che questa tutela
non solo dovrebbe essere data ai cittadini pakistani, ma che faccia parte del loro
credo religioso, dell’Islam: le minoranze devono essere tutelate in tutti i sensi.
C’è quindi un buono consenso e io penso che l’anno prossimo vedremo dei risultati
abbastanza concreti.
D. - Ricordiamo ancora una volta il caso di Asia Bibi:
lei rimane in carcere dal 2009 e su di lei c’è un’accusa per blasfemia, con una condanna
a morte… L’ultima udienza, per il ricorso, è stata ancora rinviata. Qual è il punto
su questo caso?
R. - Chiaramente lei è vittima, come tantissimi altri, di questa
legge e di come questa legge sia stata usata scorrettamente. Poi lei, poveretta, è
analfabeta e non sapeva neanche cosa dicesse il Corano. Recentemente, abbiamo preso
in mano noi la situazione, anche se non del tutto, perché prima il caso veniva da
altri… La sua famiglia, suo marito e i suoi bambini sono venuti due mesi fa da me.
Ho contattato alcuni avvocati, ho parlato anche con dei leader religiosi e con tanta
altra gente e sembra ora che questa vicenda andrà a buon fine. Ci stiamo interessando.
D.
- Il Pakistan in questi mesi è flagellato dagli attacchi dei terroristi, ma la popolazione
come vive questa situazione?
R. - Ci sono sentimenti di timore, di tristezza
e di delusione. Nello stesso momento, però, tutta la gente del Pakistan vuole che
questa filosofia radicale venga eliminata, in tutti i sensi. Nessuno vuole più sopportare
tutto questo.
D. - Si riuscirà a sconfiggere l’estremismo e il terrorismo,
secondo lei?
R. - Io sono molto ottimista, quindi sì. Abbiamo fatto sacrifici,
abbiamo avuto momenti anche difficili, abbiamo sacrificato anche la famiglia. Però,
io penso che il risultato di questi nostri sacrifici verrà.
D. - In certo qual
modo, lei ha raccolto la sfida di suo fratello: qual è la sfida che è presente in
questo terzo anniversario?
R. - Creare una convivenza pacifica in Pakistan.
Creare una giustizia sociale e diritti uguali per tutti e non solo per i cristiani:
anche una persona che non crede, noi la vogliamo difendere, perché è un diritto di
base di ogni essere umano quello di credere o non credere e di conseguenza di professare
la propria religione, secondo la propria convinzione personale. Questo è quello che
noi vogliamo in Pakistan. E’ per questo che io sto combattendo: giustizia sociale,
diritti uguali per tutti e libertà religiosa.