2014-03-01 14:15:58

Sud Sudan: si discute su governo di unità nazionale. L'esperto: serve accordo inclusivo


Un governo di transizione che comprenda entrambe le parti in conflitto. È questa la soluzione proposta dai mediatori internazionali per il Sud Sudan, dove da circa due mesi si scontrano militari fedeli al presidente Salva Kiir e i ribelli che sostengono l’ex vicepresidente Riek Machar. Tuttavia restano alcuni ostacoli Davide Maggiore ne ha parlato con il giornalista Raffaele Masto: :RealAudioMP3


R. – Il problema è capire chi saranno le persone coinvolte in una soluzione di questo genere e soprattutto se un eventuale governo di unità nazionale sarà composto con un equilibrio tra uomini dei due personaggi che in questo momento si confrontano in Sud Sudan. L’altro problema è capire se i due, Riek
Machar e Salva Kiir, saranno coinvolti personalmente in questo governo di unità nazionale. La mediazione è molto difficile, perché sia l’uno che l’altro non possono ottenere meno di quello che già avevano: uno era presidente e l’altro era vicepresidente.

D. – Il Sud Sudan si avvicina comunque, almeno ufficialmente, a un’elezione presidenziale del 2015. Sarebbero destinati a riesplodere i contrasti in vista del voto?

R. – Sì, è probabile. I problemi sono proprio questi: un governo di unità nazionale dovrebbe, se possibile, non tenere conto degli equilibri precedenti, ma soprattutto dovrebbe smussare la presenza di dinka e nuer – quindi, aprire anche ad altre etnie - e dovrebbe essere quanto più comprensivo possibile. Altrimenti, in vista delle elezioni del 2015, tornerebbero a manifestarsi contrasti come quelli che hanno portato all’esplosione della guerra civile.

D. – Resta poi un altro problema: ci sono vari "signori della guerra" che si muovono con una certa autonomia. Un accordo in che modo potrebbe riguardare anche loro e convincerli a cessare le ostilità?

R. – Le mediazioni internazionali in genere funzionano in questo modo: chi controlla il territorio si conquista un posto al tavolo delle trattative. Questa soluzione da una parte è logica, dall’altra parte è molto debole perché poi è frutto della forza sul territorio e quindi non fa mai vincere la pace sulla guerra. La situazione in Sud Sudan è veramente molto complicata: non solo i ribelli non sono tutti sotto l’ombrello di Riek
Machar, ma anche i governativi non sono tutti sotto l’ombrello di Salva Kiir; quindi, rischierebbe di crearsi una situazione in cui poi non si capisce più chi combatte contro chi; chi è alleato e chi è favorevole ad una soluzione o ad un’altra.

D. – Lei è appena tornato dal Sud Sudan. Per quello che ha potuto vedere sul terreno ci sono ancora problemi tra le varie comunità rivali, soprattutto tra dinka ed i nuer?

R. – I problemi tra dinka e nuer ci sono sempre stati, sono storici. Queste due grandi etnie del Sud Sudan hanno sempre convissuto in una sorta di conflitto. Non sono mai però riuscite a creare una situazione di contrapposizione come quella che è stata creata adesso. Evidentemente, chi ha “aperto” questa guerra ha innescato anche l’arma etnica, che è un’arma tremenda perché una volta innescata diventa difficile da disinnescare. Sul terreno si vede esattamente questo. Quello che ci vorrebbe è un accordo che tenga dentro tutti, che renda meno pesanti le appartenenze etniche e dia invece a tutti la percezione che il futuro in accordo può essere vantaggioso per tutti. Questo lo devono fare soprattutto i leader, i capi.







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