Giornata Malattie Rare: serata di solidarietà per i piccoli pazienti del Policlinico
Umberto I
Ricorreva ieri, sul tema dell'"assistenza", la 7.a Giornata mondiale delle malattie
rare, nata per sensibilizzare la popolazione sulla realtà di queste patologie che,
in Italia, colpiscono circa un milione e mezzo di persone in quasi 8 mila forme diverse
e nel 70% dei casi si tratta di bambini. Una serata di solidarietà è stata organizzata
ieri sera al "Radisson Blue es Hotel di Roma" per raccogliere fondi destinati all'acquisto
di una Moc per i bambini affetti da osteogenesi imperfetta e in cura nel Policlinico
romano UMberto I. Presso il Policlinico Gemelli di Roma, si è svolto invece in questi
giorni un convegno sulle diverse "fragilità" della persona con malattia rara e sull’attenzione
da parte degli operatori sanitari, le famiglie e i caregivers che se ne occupano.
Quando una malattia è, dunque, definita rara e cosa è emerso dal Convegno? Eliana
Astorri ha rivolto la domanda al prof.Giuseppe Zampino, responsabile
del Centro malattie rare e congenite del Dipartimento di scienze pediatriche del Gemelli
di Roma:
R. – Il criterio
per definire la malattia rara è quello epidemiologico. Si definisce rara una condizione
che ha una prevalenza inferiore ad 1 su 2 mila; cioè, la quantità di persone che hanno
questa condizione deve essere al di sotto di 1 su 2 mila persone presenti nell’ambiente.
D.
– Con una malattia rara ci si nasce o si può contrarre in età adulta?
R. –
Per la maggior parte delle malattie rare ci si nasce, sono condizioni congenite ma
alcune possono essere acquisite, quindi acquisite anche in età adulta. Alcune malattie
congenite possono presentarsi poi lungo tutto il decorso della vita e quindi investire
anche l’età adulta.
D. – Qual è la maggior difficoltà nell’effettuare la diagnosi
di queste malattie?
R. – Queste sono malattie rare, quindi, a volte si ha difficoltà
a definire chiaramente i fenotipi, altre volte si ha difficoltà - avendo definito
i fenotipi, cioè la caratteristiche cliniche - a trovare un marcatore biologico che
in qualche modo confermi la diagnosi; a volte per avere una conferma diagnostica,
visto che non c’è un test, si ha la necessità di confrontarsi con altri specialisti
del settore e dire se l’ipotesi pensata ha senso oppure no. La scienza sta comunque
facendo grandissimi passi avanti per cui si scoprono sempre più geni e le condizioni
per cui abbiamo sempre di più la possibilità di avere conferme diagnostiche dal laboratorio.
D.
– Per quanto riguarda le terapie: le case farmaceutiche investono nella ricerca e
nella produzione di farmaci per le malattie rare visto che è un mercato molto ristretto?
R.
– Possono non avere interesse, perché come dicevamo i malati rari sono pochi ma su
questo c’è anche un incentivo della comunità europea affinché le case farmaceutiche
investano su questa patologia; ci sono quindi incentivi economici e di risorsa.
D.
– Il convegno al Gemelli sulle malattie rare: “Insieme per un’assistenza migliore”.
Cosa è emerso; può migliorare la qualità di vita di queste persone?
R. – Penso
che uno dei più grossi successi che ha avuto questo fermento è il fatto che ha aumentato
la sensibilità politica e di comunità nei confronti del bambino, del paziente malato
raro. Questa sensibilità è forse l’arma che permetterà al paziente e alla famiglia
di andare avanti e superare le difficoltà, almeno quelle che tutti i giorni si trova
ad affrontare. Nel convegno abbiamo parlato di fragilità: la fragilità della malattia
rara è sotto gli occhi di tutti, è una fragilità fisica perché i pazienti che hanno
ad esempio una condizione malformativa trovano nella fisicità l’espressione della
loro malattia. Quindi, la loro malattia è sotto gli occhi di tutti. può essere anche
una fragilità mentale: alcuni pazienti hanno un ritardo mentale, non diventeranno
mai grandi, non diventeranno mai autonomi; per cui uno dei problemi grandi che la
famiglia sente è “che cosa sarà di mio figlio quando io non ci sarò più!”. Un’altra
fragilità è il fatto di essere “rari”, quindi di non avere punti di confronto, quel
background culturale della vita di tutti i giorni: far mangiare, fare un bagnetto
e cambiare un pannolino ad un bambino normale è una cosa per tutti, tutti sono capaci
a farlo; quando però ti nasce un bambino che ha caratteristiche così diverse è difficile
pensare anche a fare una pratica quotidiana come il bagnetto, dargli da mangiare,
cambiargli il pannolino. A chi si rivolge poi la famiglia per chiedere un confronto,
a chi si rivolge la famiglia che ha un bambino con la sindrome di Crisponi che se
esposto ad una temperatura al di sotto dei 18° può star male. La mamma a chi chiede
come regolare l’acqua per fare il bagnetto al bambino? Ecco, la fragilità sta nel
fatto che improvvisamente ti trovi con un figlio che è un “marziano” e non sai come
fare.
D. – La Giornata mondiale dedicata alle malattie rare è un’occasione
per un confronto sulla ricerca tra medici e ricercatori?
R. – Sì, assolutamente
sì; anche perché la possibilità di avere dati di ricerca che si possono utilizzare
poi nella pratica chimica risponde al bisogno di sperare. Una famiglia spera che ci
sia una soluzione, questo bisogno è assoluto ed ogni risposta che la ricerca può dare
e che si può utilizzare clinicamente è una possibilità di rispondere a questo bisogno.