Coldiretti: 30enni, 1 su 2 mantenuto dai genitori. Riscoperta l'agricoltura
Più della metà dei trentenni italiani vive con la paghetta e tre su quattro vivono
a casa con genitori. Uno su quattro accetterebbe un posto da spazzino o in un call
center, mentre solo il 30% fa un lavoro coerente con gli studi svolti e la maggioranza
sarebbe inoltre disposta ad espatriare per lavorare. È il drammatico spaccato offerto
dalla prima Indagine Coldiretti/Ixè su “Crisi: i giovani italiani e il lavoro”, presentata
all’Assemblea elettiva di Giovani coltivatori. Marco Guerra ne ha parlato con
Rolando Manfredini, capo area Sicurezza alimentare della Coldiretti:
R. - Purtroppo,
moltissimi giovani sono senza lavoro e non lo trovano. Quindi, vengono sostanzialmente
sorretti dalla famiglia: praticamente vivono con la paghetta dei genitori il 51 %
dei trentenni italiani. Questo addirittura si alza al 79% se si considerano tutti
gli under 34. Quindi, una situazione di questo tipo la dice lunga su come la crisi
colpisca i giovani. Abbiamo visto come la disoccupazione giovanile sia a dei livelli
ormai insostenibili: sta diventando un vero e grosso problema sociale. Quindi, il
giovane non è certamente un ‘bamboccione’ che vuole rimanere in casa. Tra l’altro,
proprio in una situazione che credo sia anche un po’ di vergogna, si adattano a fare
dei lavori in casa per non essere proprio completamente di peso alla famiglia. Il
75% cerca di rendersi utile.
D. - Quindi, la famiglia è diventata la vera
rete di protezione sociale…
R. - Immaginiamo cosa succederebbe se non ci fosse
la famiglia: cosa accadrebbe dal punto di vista sociale, cosa farebbero questi giovani?
Probabilmente, avrebbero anche un’attrazione per quelle che sono - e questo è importante
dirlo - le attività illecite. Nel momento stesso in cui manca il lavoro, in cui manca
la soddisfazione economica, in cui manca una traiettoria di futuro, è molto facile
cadere in una rete delinquenziale.
D. - Uno su tre non sa il nome del premier
- questo colpisce molto! - e solo il 4% si impegna in politica…
R. - Credo
che questo rappresenti veramente una disillusione, proprio un rifiuto! E forse i giovani
lo vivono in maniera ancora più accentuata rispetto agli adulti, rispetto ai genitori
o ai nonni. Hanno addirittura perso, per certi aspetti, la voglia di ribellarsi… Ma
anche fare politica è necessario: significa sviluppare la società. Se i giovani perdono
anche questa prerogativa e non hanno più speranza, non credo che ci sia un grande
futuro.
D. - Voi, però, avete messo in luce - con questa ricerca - tante esperienze
innovative nel settore dell’agricoltura, che hanno battuto la crisi…
R. - I
dati che noi abbiamo disponibili la dicono lunga su cosa può offrire e cosa offre
l’agricoltura in termini assolutamente concreti. C’è la riscoperta, intanto, di attività
di un certo tipo nella produzione del cibo, ma ci sono anche delle vere e proprie
invenzioni: il fatto che ci si possa occupare di fare il muratore ecologico, di fare
l’erborista, di essere tutor nell’orto in città… Certamente, l’agricoltura genera
delle nuove professioni. La riscoperta dell’agricoltura in questo senso è fondamentale
per il tessuto sociale che ha l’agricoltura e quindi per generare - anche in funzione
dell’ottimismo, che tante volte manca – valore negli altri settori, dove si vede cosa
sta succedendo, a parte le vendite dei grandi nomi dell’economia italiana. L’agricoltura
- secondo noi - sta reagendo molto bene alla crisi e sta offrendo ai giovani alternative
di successo.