Siria: Onu approva risoluzione sugli aiuti umanitari
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha approvato all'unanimità una risoluzione sugli
aiuti umanitari alla popolazione della Siria, esigendo che venga tolto l'assedio a
tutte le città del Paese. Il documento invita tutte le parti a porre fine all'assedio
della popolazione e a consentire l'evacuazione rapida, sicura e senza ostacoli di
tutti i civili. I ritardi siriani nel piano di distruzione dell’arsenale chimico di
Damasco sono stati intanto al centro del Consiglio esecutivo dell'Organizzazione per
la proibizione delle armi chimiche (Opac), in questi giorni all’Aja. Da Stati Uniti
e Francia, a tal proposito, è arrivato un ultimatum: o il presidente Bashar al Assad
dimostrerà entro il 4 marzo di voler adempiere ai propri obblighi, accelerando la
consegna degli agenti chimici che devono essere distrutti entro il 30 giugno, così
come previsto dal piano Onu-Opac, oppure la Siria verrà deferita al Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite. Ce ne parla Maurizio Simoncelli, vice presidente dell’Istituto
di ricerche internazionali Archivio Disarmo, intervistato da Giada Aquilino:
R. - Il processo
di disarmo chimico della Siria, per quello che risulta, sta procedendo con estrema
lentezza: sembra che solamente il 19% dell’arsenale sia stato in realtà consegnato,
quindi una piccolissima parte e quello che è ancora più grave è che teoricamente rimane
a disposizione per un eventuale conflitto di tipo chimico. Il problema è che Assad
dice che in questo momento c’è una situazione di guerra in atto ed è difficile trasportare
le armi chimiche nel territorio siriano, farle arrivare fino al porto di Latakia,
dove dovrebbero essere imbarcate e poi spedite al porto italiano di Gioia Tauro: di
lì, a loro volta, trasportate su una nave americana che dovrebbe provvedere a neutralizzare
le armi in alto mare. Non è facile trasportarle, né garantire l’integrità di questi
convogli ed il personale non è preparato a trasferirle: stiamo parlando di tonnellate
di materiale, quindi in parte è anche comprensibile, però certamente non deve diventare
un alibi per non rispettare i patti.
D. - Queste difficoltà in qualche modo
non potevano essere previste?
R. - Erano previste sin dall’inizio. Si sapeva
che queste armi, che sono tra l’altro disseminate su tutto il territorio siriano,
sono non di facile trasporto. Questo è uno dei motivi per cui in realtà quando è stata
fatta la Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche quasi tutti i Paesi hanno
aderito: in realtà - al di là del fatto che si tratti di un’arma che psicologicamente
ci fa molta paura, in quanto arma di distruzione di massa - è comunque un’arma di
difficile utilizzo, di non facile gestione e né di facile smaltimento. Quindi, anche
le stesse truppe che le usano e le trasportano in realtà sono esposte a forti pericoli;
inoltre, trasportare questi prodotti in una zona di guerra - immaginiamo con camion
lungo strade disseminate da mine, dove ci sono bombardamenti e sparatorie - ci rendiamo
conto che è qualcosa di estremamente pericoloso. Teoricamente, servirebbe in parallelo
anche una situazione di relativa calma del conflitto: questo toglierebbe ogni alibi
al regime siriano.
D. - Se questi trasferimenti dovessero subire ulteriori
ritardi cosa potrebbe succedere in sede Onu? È stato minacciato di deferire la Siria
al Consiglio di Sicurezza…
R. - Sì, certamente questo potrebbe essere uno dei
passaggi. Non credo che l’ipotesi di intervento militare sia comunque ad oggi ventilata,
perché poi in realtà queste armi chimiche non sono state più usate dopo quell’episodio
controverso dell’agosto 2013. Però, certamente potrebbe andare sotto inchiesta l’azione
del governo e quindi il clima internazionale potrebbe diventare più difficile per
Damasco.
D. - Si prevede quindi un termine che vada oltre il 30 giugno, indicato
in un primo momento?
R. - Credo di sì, penso che le scadenze saranno prolungate.
Certo, occorre che da parte siriana comunque ci siano segnali di buona volontà e di
impegno in questo senso. È anche vero che purtroppo c’è una guerra in atto - di cui
adesso si parla relativamente poco - e le armi “convenzionali”, in mano a una parte
e all’altra, stanno comunque massacrando prevalentemente la popolazione civile. Quindi,
la situazione non è che sia meno drammatica.