La crisi al centro del G20 di Sydney. Guerrieri: no all'austerità, rilanciare la crescita
per curare il debito
Al G20, in corso a Sydney in Australia fino a questa domenica, il Sudafrica preme
per un accordo sul coordinamento delle politiche economiche, così da evitare che gli
"squilibri" abbiano "ricadute negative sulle altre economie". E’ quanto ha detto il
vice-ministro delle Finanze sudafricano, Nhlanhla Nene, facendo riferimento all'impatto
della riduzione degli stimoli monetari avviata dalla Federal Reserve sulle economie
emergenti. Fausta Speranza ha chiesto di chiarire il nodo del problema in discussione
a Paolo Guerrieri, docente di economia internazionale all’Università La Sapienza:
R. – La questione
centrale è che la moneta di un Paese, cioè il dollaro degli Stati Uniti, è anche la
moneta di tutti i Paesi, nel senso che è ancora la moneta usata a livello internazionale.
Quello, quindi, che decide la Banca centrale americana, cioè la Federal Reserve, ha
ovviamente riflesso all’interno dell’economia americana, ma ha poi riflesso in tutto
il mondo. Lo abbiamo visto qualche mese fa, quando il semplice annuncio che la Federal
Reserve avrebbe cominciato - come dire - a frenare e, quindi, a rallentare la creazione
di dollari, ha provocato una specie di reazione in tutti i mercati emergenti. Il punto
è che non c’è una moneta veramente internazionale, ma c’è ancora la moneta di un Paese,
che serve poi a tutti. Quindi, ne vediamo le conseguenze con questa instabilità che
ciclicamente si ripropone ogni volta che c’è un cambio nella politica monetaria americana.
D.
– Si parla tanto di coordinamento al G20 dove ci sono ministri delle Finanze e governatori
delle Banche centrali. Quale coordinamento potrebbe essere positivo per la crescita
globale?
R. – Beh, il paradosso che si è sottolineato, e che avevamo sottolineato
anche prima del G20, è un po’ questo: c’è un’enorme domanda di tanti beni necessari
- dall’elettricità ai telefoni, alle strade, ai porti - e quindi tante occasioni di
investimento. Eppure gli investimenti languono in molti Paesi, ma soprattutto la crescita
complessiva dell’economia mondiale è molto al di sotto delle potenzialità. Allora,
la domanda chiave è: che cosa si può fare per aumentare queste potenzialità? La risposta
che sta venendo è in qualche modo su un fronte, cioè quello di cercare perlomeno di
armonizzare le regolamentazioni, il tipo di intervento nei vari Paesi, per stimolare
gli investimenti sia pubblici che privati. E’ certamente interessante, perché potrebbe
in qualche modo favorire una maggiore effettuazione di questi investimenti. Il vero
nodo, però, che in realtà non si riesce ad affrontare, è che bisognerebbe coordinare
proprio il modo di sostenere la domanda nei vari Paesi a livello internazionale. Ma
questo è molto difficile, perché ogni Paese guarda prima al suo interno e poi si preoccupa
di quello che serve al resto del mondo. Il coordinamento, quindi, di queste politiche
macroeconomiche, soprattutto monetarie e fiscali, tutt’oggi è bassissimo e quindi
ne soffre anche la crescita complessiva. Questo è un po’ il nodo al centro di questo
G20, e in realtà lo è stato anche al G20 che si è chiuso in Russia lo scorso anno.
D.
– In queste ore in particolare l’Australia, che è poi il Paese che ospita il G20,
ha raccomandato meno attenzione al debito e più attenzione ad aumentare la domanda...
R. – In realtà l’approccio è giusto, è corretto. Per curare un debito eccessivo,
un’economia deve crescere di più, perché, crescendo di più, il debito può essere ammortizzato.
La ricetta che invece prende di petto il debito, come è poi stato con la ricetta dell’austerità,
soprattutto in Europa, ha dimostrato che poi la riduzione del debito non avviene,
perché, invece della crescita, si ha il ristagno e la massa di debiti, a quel punto,
diventa ancora più ingestibile. Credo che l’approccio, quindi, sia giusto. Fuori dell’Europa,
questo approccio è un dato di fatto, perché gli Stati Uniti lo hanno seguito; in Europa
si fa un’enorme fatica ad accettarlo, ma io credo che anche in Europa si dovrà arrivare,
quanto prima, ad accettare questa logica. Bisogna rilanciare la crescita per curare
il debito e non viceversa.