Capitolo dei Salesiani. Don Chávez Villanueva: credibili se coerenti col Vangelo
Si è aperto questo sabato il 27.mo Capitolo generale dei Salesiani sul tema “Testimoni
della radicalità evangelica”. A rappresentare la grande famiglia salesiana, formata
da oltre 440 mila religiosi, consacrati e laici presenti in 130 Paesi, sono 220 delegati
e invitati di 58 nazionalità. Durante i lavori che si tengono a Torino e a Roma saranno
eletti il nuovo rettore maggiore e i consiglieri. Roberta Gisotti ha intervistato
don Pascual Chávez Villanueva, rettore maggiore uscente:
R. – Devo dire
prima di tutto che l’espressione radicalità evangelica non è che sia tanto
comune in questo momento nel linguaggio della vita consacrata, anche se Papa Benedetto
XVI l’ha usata parlando ai religiosi e alle religiose nella visita all’Escorial, in
Spagna. Però, fondamentalmente, per noi vuol dire vivere con radicalità i valori del
Vangelo: oggi, in una società come quella in cui viviamo, quello che rende veramente
visibile e credibile e dunque anche feconda la presenza e anche la testimonianza,
è proprio questa coerenza di vita, il richiamo concreto ai grandi valori del Vangelo.
D.
– E’ necessario dunque che il cristiano torni a distinguersi per i valori che professa...
R.
– Certo. Quando si parla di radicalità evangelica si potrebbe pensare subito
soltanto al voto di povertà; però, noi vogliamo piuttosto prendere l’insieme della
vita consacrata non come un progetto personale, una specie di volontariato, ma come
un’autentica vocazione che soltanto alla luce della fede viene interpretata come un
dono di Dio, che però ha due risvolti molto concreti che servono come banco di prova,
come criteri di autenticità: vale a dire, da una parte la missione a cui siamo stati
inviati e dall’altra parte la vita della comunità che deve spiccare proprio per la
fraternità, per la grande capacità di trasformare la vita in comune in una
comunione di vita.
D. – Questo Capitolo cade nell’Anno bicentenario
della nascita di San Giovanni Bosco, dedicato alla missione “con i giovani e per i
giovani”. Giovani certo diversi nelle regioni sviluppate e meno sviluppate del mondo.
Ma c’è un approccio comune che arriva da Don Bosco e resta attuale anche oggi?
R.
– Sì, fondamentalmente è già in se stessa la scelta per i giovani. Io direi, senza
nessuna altra qualifica, i giovani come tali. Naturalmente, oggi, quando noi parliamo
di giovani poveri, esclusi, emarginati facciamo un riferimento ad un contesto tipicamente
sociale, di povertà economica; però, c’è un tipo di povertà che a volte è molto più
dura in quei Paesi, in quei contesti in cui forse c’è più benessere ma c’è una grande
solitudine, un grande senso di abbandono, dove non ci sono coloro che potrebbero aiutare
ad accompagnare un processo di vita, particolarmente in quelle due fasce evolutive
che sono l’adolescenza e la gioventù. Allora, c’è questa povertà anche di tipo affettivo,
una povertà di tipo culturale, di tipo religioso. Da questo punto di vista, pur tenendo
presenti queste nuove forme di povertà, noi puntiamo molto sulla povertà anche di
tipo sociale, perché è quella in cui si sommano tutte le altre povertà.
D.
– Quale bilancio del suo lavoro, per due mandati alla guida della grande famiglia
salesiana? C’è un’eredità particolare per il suo successore?
R. – Sì, ho cercato
fondamentalmente – come mi era stato chiesto da Giovanni Paolo II quando mi mandò
una lettera, proprio all’inizio del mio ministero – da un lato di conservare fedelmente
il carisma di Don Bosco, e dall’altra di svilupparlo in forma tale da renderlo così
rispondente ai bisogni della situazione di oggi, della Chiesa e del mondo. Allora,
tutto il mio impegno è stato orientato a recuperare una identità carismatica sempre
crescente, accompagnata da una grande passione apostolica: cioè, sia di vincere –
da un lato – questo genericismo per quanto riguarda la comprensione del proprio progetto
di vita, sia a volte la mancanza di una vera mistica nel lavoro, nella dedizione agli
altri. Da questo punto di vista sono contento, e ovviamente sarà il Capitolo generale
che dovrà scegliere molto bene non soltanto il nuovo rettore maggiore ma anche il
cammino da fare in questi prossimi anni.