Al Quirinale il giuramento del governo Renzi: subito dopo il primo Cdm, lunedì la
fiducia al Senato
Il governo di Matteo Renzi è in carica con la cerimonia al Quirinale. I ministri,
15 su 16, assente il titolare dell’economia Padoan perché di rientro dal G20 di Sydney,
hanno giurato fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione davanti al presidente Napolitano.
Subito dopo, il primo Consiglio dei ministri. A Renzi sono giunte le congratulazioni
del presidente Usa Obama. Francesca Sabatinelli : Il
neo governo non intende perdere tempo, e poco dopo il giuramento al Quirinale, per
la squadra di Renzi si apre il primo consiglio dei ministri, e da Palazzo Chigi arrivano
promesse e dichiarazioni di intenti. Tra insediamenti, ringraziamenti e incoraggiamenti,
la mattina è trascorsa a suon di tweet e di campanelle come quella che a Palazzo Chigi
ha sancito il passaggio di consegne tra il premier uscente Enrico Letta e il nuovo,
Matteo Renzi. Rapido cerimoniale, segnato, è stato notato dai più, da una fredda stretta
di mano. La seconda campanella della giornata è stata quella suonata da Renzi per
aprire la prima riunione del cdm, durato un’ora, dedicato al giuramento del sottosegretario
Delrio. Dalla questione dei maro’, all’edilizia scolastica alla ricerca, alla tutela
dei precari, al piano casa, queste le agende dei nuovi ministri, lunedì il voto di
fiducia al Senato, martedì quello alla Camera.
Giovani, l'età media è di 48
anni, e al 50 per cento donne i membri del nuovo governo. Lo stesso Renzi è il presidente
del Consiglio più giovane della storia italiana, ma anche il più giovane premier in
Europa. Per un commento a partire dal valore di questo ricambio generazionale, Adriana
Masotti ha intervistato il politologo Paolo Pombeni, ordinario presso il
Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Bologna:
R. – Il
valore è dato dall’anomalia italiana, per cui – purtroppo – il ritmo generazionale,
anziché essere un ritmo continuo, è un ritmo che va a salti: per 20 anni non entra
nessuno di una nuova generazione, poi improvvisamente si rottama tutta la vecchia
e si mette tutta la nuova. Fatto così è un po’ traumatico, però è la nostra storia
nazionale.
D. – Un altro dato è il numero dei ministri, che sono sedici: quindi
meno rispetto al passato…
R. – Da questo punto di vista Renzi ha fatto una
politica molto saggia: ha ridotto gli appetiti, riducendo i numeri; pagando qualche
prezzo inevitabilmente, ma arrivando nel complesso a un governo, che deve essere un
governo snello.
D. – Pier Carlo Padoan come ministro dell’Economia: che cosa
aspettarsi da questa scelta?
R. – Questa scelta è stata una scelta, in qualche
modo, obbligata perché ci voleva una personalità che garantisse quelle forze dalle
quali purtroppo noi siamo dipendenti e cioè i mercati internazionali da un lato, la
Commissione europea dall’altro. Renzi ha fatto la scelta di un economista che, pur
essendo un uomo dell’establishment, non fosse chiaramente un conservatore. Cosa possiamo
aspettarci? Bisognerà vedere come le forze che sono in campo riusciranno o non riusciranno
a condizionarlo.
D. – Alfano, Lorenzin, Lupi: quasi tutti i ministri del centrodestra
del governo Letta sono stati confermati. Che cosa significa?
R. - Significa
che naturalmente Renzi ha bisogno di una maggioranza parlamentare e la componente
indispensabile per questo tipo di maggioranza era quella del Nuovo Centro Destra,
per cui ha dovuto arrivare a patti con loro e quindi ha dovuto lasciar loro 3 posti;
prima ne avevano 5. Ha tolto questa posizione di vicepremier ad Alfano: questo è un
fatto più simbolico che sostanziale, ma significa chiaramente che questo non è più
un governo – diciamo - di larghe intese, in cui c’è un accordo destra-sinistra, è
un governo magari di sinistra-centro o sinistra-destra.
D. – Sono state lasciate
fuori, invece, la Kyenge e la Bonino. Nel caso della Kyenge scompare proprio il ministero
dell’Integrazione…
R. – Questa, da un certo punto di vista, è una cosa che
rientra nella razionalizzazione complessiva: adesso non è che per ogni problema che
abbiamo, ci sia la necessità di avere un ministero… L’integrazione è un problema grosso
e importante, ma basta un bravo sottosegretario agli Interni che si occupi di questo
problema e può fare già benissimo.
D. – Per quanto riguarda la famiglia, nei
giorni scorsi il Forum delle associazioni familiari aveva chiesto una delega chiara
per politiche familiari più incisive…
R. – Questo lo speriamo tutti, io almeno
lo spero fortemente! Indubbiamente il sistema familiare è quello che sta tenendo in
piedi questo Paese: se non ci fosse un sistema di solidarietà familiare, con una disoccupazione
giovanile al 40 per cento, noi saremmo sull’orlo della guerra civile. Non lo siamo,
proprio perché invece – per fortuna – c’è ancora questo sistema di reti sociali che
regge. Non si può pensare però che questa cosa possa andare avanti all’infinito, senza
dei forti interventi di sostegno da parte della sfera pubblica. Quindi anche qui non
è un problema che facciano il “ministero per..”, ma il problema è che qualcuno nel
governo seriamente si prenda carico di questa questione.
D. – Prof. Pombeni,
per finire le chiederei un giudizio complessivo: lei come vede questa nuova squadra?
Questo nuovo governo ha i numeri per durare?
R. – Ci sono due aspetti. Indubbiamente,
in parte, questo governo ha pagato un prezzo a quello che si chiama il “casting politico”,
trovare cioè un po’ di immagini per far vedere che si è differenti. Io credo che –
come dicono gli inglesi – la prova del budino consista nel mangiarlo, quindi…. perché
non dipende soltanto dalla qualità intrinseca di ogni singolo ministro, ma anche dalla
squadra che ciascun ministro è capace di costruirsi. Per durare questo governo ha
bisogno di una cosa: di superare indenne il tornante delle elezioni europee, che sono
connesse con una quota di elezioni amministrative abbastanza importanti. E’ chiaro
che se a queste elezioni corrispondesse un non buon risultato a cominciare dal centrodestra
di Alfano, magari un non buon risultato per lo stesso Berlusconi, magari qualche problema
anche per il Pd, allora io temo che si aprirebbe non tanto un ricorso alle urne –
che tutti temono e cercano di evitare – quanto una delegittimazione, una fibrillazione
continua all’interno delle forze politiche che sottendono il governo e dello stesso
governo: una fibrillazione che non ci farebbe bene….