2014-02-22 15:48:45

Al Quirinale il giuramento del governo Renzi: subito dopo il primo Cdm, lunedì la fiducia al Senato


Il governo di Matteo Renzi è in carica con la cerimonia al Quirinale. I ministri, 15 su 16, assente il titolare dell’economia Padoan perché di rientro dal G20 di Sydney, hanno giurato fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione davanti al presidente Napolitano. Subito dopo, il primo Consiglio dei ministri. A Renzi sono giunte le congratulazioni del presidente Usa Obama. Francesca Sabatinelli : RealAudioMP3
Il neo governo non intende perdere tempo, e poco dopo il giuramento al Quirinale, per la squadra di Renzi si apre il primo consiglio dei ministri, e da Palazzo Chigi arrivano promesse e dichiarazioni di intenti. Tra insediamenti, ringraziamenti e incoraggiamenti, la mattina è trascorsa a suon di tweet e di campanelle come quella che a Palazzo Chigi ha sancito il passaggio di consegne tra il premier uscente Enrico Letta e il nuovo, Matteo Renzi. Rapido cerimoniale, segnato, è stato notato dai più, da una fredda stretta di mano. La seconda campanella della giornata è stata quella suonata da Renzi per aprire la prima riunione del cdm, durato un’ora, dedicato al giuramento del sottosegretario Delrio. Dalla questione dei maro’, all’edilizia scolastica alla ricerca, alla tutela dei precari, al piano casa, queste le agende dei nuovi ministri, lunedì il voto di fiducia al Senato, martedì quello alla Camera.

Giovani, l'età media è di 48 anni, e al 50 per cento donne i membri del nuovo governo. Lo stesso Renzi è il presidente del Consiglio più giovane della storia italiana, ma anche il più giovane premier in Europa. Per un commento a partire dal valore di questo ricambio generazionale, Adriana Masotti ha intervistato il politologo Paolo Pombeni, ordinario presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Bologna: RealAudioMP3

R. – Il valore è dato dall’anomalia italiana, per cui – purtroppo – il ritmo generazionale, anziché essere un ritmo continuo, è un ritmo che va a salti: per 20 anni non entra nessuno di una nuova generazione, poi improvvisamente si rottama tutta la vecchia e si mette tutta la nuova. Fatto così è un po’ traumatico, però è la nostra storia nazionale.

D. – Un altro dato è il numero dei ministri, che sono sedici: quindi meno rispetto al passato…

R. – Da questo punto di vista Renzi ha fatto una politica molto saggia: ha ridotto gli appetiti, riducendo i numeri; pagando qualche prezzo inevitabilmente, ma arrivando nel complesso a un governo, che deve essere un governo snello.

D. – Pier Carlo Padoan come ministro dell’Economia: che cosa aspettarsi da questa scelta?

R. – Questa scelta è stata una scelta, in qualche modo, obbligata perché ci voleva una personalità che garantisse quelle forze dalle quali purtroppo noi siamo dipendenti e cioè i mercati internazionali da un lato, la Commissione europea dall’altro. Renzi ha fatto la scelta di un economista che, pur essendo un uomo dell’establishment, non fosse chiaramente un conservatore. Cosa possiamo aspettarci? Bisognerà vedere come le forze che sono in campo riusciranno o non riusciranno a condizionarlo.

D. – Alfano, Lorenzin, Lupi: quasi tutti i ministri del centrodestra del governo Letta sono stati confermati. Che cosa significa?

R. - Significa che naturalmente Renzi ha bisogno di una maggioranza parlamentare e la componente indispensabile per questo tipo di maggioranza era quella del Nuovo Centro Destra, per cui ha dovuto arrivare a patti con loro e quindi ha dovuto lasciar loro 3 posti; prima ne avevano 5. Ha tolto questa posizione di vicepremier ad Alfano: questo è un fatto più simbolico che sostanziale, ma significa chiaramente che questo non è più un governo – diciamo - di larghe intese, in cui c’è un accordo destra-sinistra, è un governo magari di sinistra-centro o sinistra-destra.

D. – Sono state lasciate fuori, invece, la Kyenge e la Bonino. Nel caso della Kyenge scompare proprio il ministero dell’Integrazione…

R. – Questa, da un certo punto di vista, è una cosa che rientra nella razionalizzazione complessiva: adesso non è che per ogni problema che abbiamo, ci sia la necessità di avere un ministero… L’integrazione è un problema grosso e importante, ma basta un bravo sottosegretario agli Interni che si occupi di questo problema e può fare già benissimo.

D. – Per quanto riguarda la famiglia, nei giorni scorsi il Forum delle associazioni familiari aveva chiesto una delega chiara per politiche familiari più incisive…

R. – Questo lo speriamo tutti, io almeno lo spero fortemente! Indubbiamente il sistema familiare è quello che sta tenendo in piedi questo Paese: se non ci fosse un sistema di solidarietà familiare, con una disoccupazione giovanile al 40 per cento, noi saremmo sull’orlo della guerra civile. Non lo siamo, proprio perché invece – per fortuna – c’è ancora questo sistema di reti sociali che regge. Non si può pensare però che questa cosa possa andare avanti all’infinito, senza dei forti interventi di sostegno da parte della sfera pubblica. Quindi anche qui non è un problema che facciano il “ministero per..”, ma il problema è che qualcuno nel governo seriamente si prenda carico di questa questione.

D. – Prof. Pombeni, per finire le chiederei un giudizio complessivo: lei come vede questa nuova squadra? Questo nuovo governo ha i numeri per durare?

R. – Ci sono due aspetti. Indubbiamente, in parte, questo governo ha pagato un prezzo a quello che si chiama il “casting politico”, trovare cioè un po’ di immagini per far vedere che si è differenti. Io credo che – come dicono gli inglesi – la prova del budino consista nel mangiarlo, quindi…. perché non dipende soltanto dalla qualità intrinseca di ogni singolo ministro, ma anche dalla squadra che ciascun ministro è capace di costruirsi. Per durare questo governo ha bisogno di una cosa: di superare indenne il tornante delle elezioni europee, che sono connesse con una quota di elezioni amministrative abbastanza importanti. E’ chiaro che se a queste elezioni corrispondesse un non buon risultato a cominciare dal centrodestra di Alfano, magari un non buon risultato per lo stesso Berlusconi, magari qualche problema anche per il Pd, allora io temo che si aprirebbe non tanto un ricorso alle urne – che tutti temono e cercano di evitare – quanto una delegittimazione, una fibrillazione continua all’interno delle forze politiche che sottendono il governo e dello stesso governo: una fibrillazione che non ci farebbe bene….








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